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Il presente elaborato non deriva dalla presunzione di trovare una soluzione alla crisi che oggi investe pesantemente l’ Italia, ma nasce dal desiderio di evidenziare i lati positivi di una realtà, a parere di chi scrive, attualmente molto sottovalutata. Il nostro Paese, da sempre al centro degli interessi mondiali, oggi presenta senza dubbio delle problematiche importanti che lo spingono ad occupare le ultime posizioni delle più importanti graduatorie mondiali, sebbene presenti delle potenzialità che gli consentirebbero di continuare ad essere considerata una delle più importanti economie avanzate. L’analisi che segue poggerà le basi sulla convinzione che la competitività di un Paese e quindi, la sua capacità di attrarre capitali dall’estero, non derivi da una valutazione esclusivamente economica, ma sia un concetto globale che non prescinde dalla presenza di fattori organizzativi e strategici.
L’ elaborato si aprirà con un breve studio dedicato ai fenomeni dell’internazionalizzazione: dopo una prima descrizione sull’offshoring, ci si concentrerà sui flussi in entrata, focalizzando il capitolo 1 sul recente dibattito relativo al reshoring. Al fine di individuare come riportare determinate attività in patria possa rappresentare un vantaggio sia per l’impresa, sia per l’economia stessa, si riporterà il pensiero di Porter e Pisano. Tali economisti sostengono infatti, che nello scegliere dove localizzare la propria attività, un’impresa debba effettuare una valutazione che vada oltre la mera analisi di fattori puramente economici, considerando anche quei fattori organizzativi relativi al coordinamento e al controllo dell’attività stessa, capaci di incidere a loro volta sul processo di creazione del valore.
Proseguendo con l’analisi dei flussi in entrata, si passerà poi ad analizzare la manifestazione degli investimenti diretti esteri nel mondo, focalizzandosi, infine, sulla realtà italiana. Si cercheranno poi di ricollegare i dati relativi agli IDE, al quadro macroeco nomico di riferimento utilizzando alcune importanti graduatorie internazionali, quali il Global Competitiveness Report, il Doing business ed il Global Entrepreneurship Monitor . Attraverso questi strumenti si individueranno i fattori che maggiormente incidono sulla competitività del Paese e, più in dettaglio, sulla capacità di un’impresa di fare business. Si metteranno in luce i fattori che maggiormente intaccano la credibilità e la capacità del Paese di ospitare le diverse attività d’impresa, concludendo il capitolo con l’individuazione delle potenzialità e dei fattori su cui si basa il vantaggio competitivo italiano.
Dopo questa prima analisi macroeconomica si scenderà ad un livello micro, individuando le maggiori caratteristiche delle imprese nazionali a controllo estero: studiando i dati a disposizione, si trarranno alcune conclusioni in merito alle modalità di entrata, alle performance registrate e ai settori maggiormente interessati dagli investimenti esteri. Nel capitolo 3 si approfondirà anche il fenomeno delle M&A, modalità di entrata che negli anni è diventata l’entry mode maggiormente scelta dagli investitori. Si discuterà circa la vendita crescente di importanti marchi del made in Italy, individuando come questa possa sollevare dei dubbi circa l’effettiva bonta` dell’attrarre capitali esteri in settori considerati strategici per il Paese.
Il lavoro si concluderà con l’analisi di un caso pratico: grazie allo studio della Osram SpA si cercherà conferma di quanto visto in precedenza. In particolare, dopo una presentazione dell’azienda, si individueranno le motivazioni che hanno spinto o continuano oggi a spingere la multinazionale estera ad investire in Italia. Si scenderà nel dettaglio delle funzioni svolte dalla consociata e dei rapporti che intercorrono con la casa madre nel definire la strategia d’azione, utilizzando la letteratura presente a supporto. |
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