Abstract:
Nel primo decennio del 2000 nella normativa bancaria italiana si è superato, tanto “a monte”, quanto “a valle”, il principio di separatezza tra banca e impresa, che per lungo tempo ha caratterizzato il nostro ordinamento giuridico. Il legislatore italiano, infatti, ha ritenuto che le nuove disposizioni in materia di soggetti collegati potessero costituire un presidio più efficiente della tradizionale separatezza al fine di evitare che la vicinanza di alcuni soggetti ai centri direzionali della banca ne influenzino la gestione, compromettendola. Peraltro, la materia era già regolamentata in vario modo nel nostro ordinamento, in particolar modo dall’art. 136 t.u.b. riguardante le obbligazioni degli esponenti aziendali e dal Regolamento Consob del 2010 in materia di parti correlate. Tuttavia, si è ritenuto che tali previsioni non potessero costituire una disciplina sufficiente a fronteggiare i molteplici rischi cui è sottoposta l’attività bancaria, in primis quello di conflitti di interesse. Perciò Banca d’Italia, in conformità alla deliberazione del Cicr 29 luglio 2008, n. 277, in data 12 dicembre 2011 ha emanato il 9° aggiornamento della Circolare n. 263 del 27 dicembre 2006, “Nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche”, che ha previsto – in particolare – l’introduzione del nuovo capitolo relativo alle “Attività di rischio e conflitti di interesse nei confronti di soggetti collegati”, Titolo V, Capitolo 5. Tale disciplina, che stabilisce determinati limiti prudenziali di natura quantitativa e apposite procedure deliberative per l’assunzione di operazioni con soggetti collegati, alle quali si aggiungono specifiche indicazioni in materia di assetti organizzativi e controlli interni, è volta ad assicurare, ancora una volta, la “sana e prudente gestione bancaria”.