Abstract:
Nelle città come nelle ville rurali di Antico Regime, durante le feste patronali – fossero esse di precetto o di devozione – presso le chiese parrocchiali o conventuali e al di fuori di esse avevano luogo pratiche consuetudinarie legate al culto del santo patrono, pratiche che assumevano spesso connotati profani. Nelle chiese, l’ingaggio di cantori e strumentisti permetteva di eseguire musiche polifoniche atte a solennizzare il santo o una determinata festività liturgica. Fuori dalle chiese avevano luogo balli popolari – probabilmente accompagnati musicalmente dagli stessi strumentisti che avevano eseguito le musiche all’interno degli edifici sacri – banchetti, sacre rappresentazioni. Il carattere consuetudinario di questi riti sociali, sottolineati dalla ciclicità delle festività religiose, permetteva, nel Cinquecento, il sorgere di una nuova figura professionale: il cantore e strumentista. Su queste consuetudini trovava inoltre la propria base il mercato delle composizioni musicali a stampa, che costituivano una gran parte delle pubblicazioni degli stampatori veneziani dell’epoca.
Le feste e i balli, momento in cui i membri di diverse comunità si riunivano, erano teatro di conflitti relazionali. Nel XVI secolo, periodo di massimo sforzo accentratore dello stato veneziano in cui si transitava dall’ordine della pace all’ordine pubblico, questi momenti di tensione attiravano l’attenzione delle autorità laiche, che intervenivano emanando ordini contro le feste e i tripudi.
Dopo il Concilio di Trento anche le autorità ecclesiastiche, impegnate nell’omologazione del culto cattolico, attraverso gli ordini vescovili ispirati sia dai canoni tridentini che dall’azione esemplare dell’arcivescovo di Milano Carlo Borromeo, sancirono la separazione del sacro dal profano, condannando l’esecuzione dei balli durante le feste e vietando ai sacerdoti di prenderne parte. Tali provvedimenti colpivano cantori e strumentisti. L’accanimento delle autorità politiche e religiose contro queste forme di ritualità non ebbe esito almeno fino alla fine del XVIII secolo, quando l’intervento repressivo dell’autorità politica soppresse diverse festività non previste dal calendario liturgico.
In questo contributo verranno descritte le pratiche consuetudinarie nell’area della provincia veneziana del Trevigiano, nei secoli XVI e XVII.