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A partire dagli anni settanta del secolo scorso, il mondo musicale legato alla chitarra classica riscopre un musicista, concertista e compositore di talento, che pur avendo riscosso ampi consensi in patria e nelle terre dell’America Latina, rimane inevitabilmente offuscato dall’eccezionale parabola artistica dell’uomo che rappresentò, e che per certi aspetti rappresenta tutt’ora, l’icona di quel mondo: Andrés Segovia.
Il chitarrista paraguayano Agustín Pio Barrios (1885 – 1944), che in un certo periodo della propria vita assunse il nome di Nitsuga Mangoré, segno tangibile di una appassionato percorso di ricerca verso la definizione di una propria identità culturale e artistica, non ebbe in vita la fortuna di raccogliere appieno i frutti della sua intensa attività concertistica e della sensibile vena compositiva, vivendo anzi negli ultimi anni della propria esistenza quasi esclusivamente della sola attività di insegnante.
Se Andrés Segovia spese la propria vita cercando di raggiungere un obiettivo ben preciso, quello di restituire dignità alla chitarra, strumento dalle forti connotazioni popolari, attraverso la costituzione di un repertorio colto, conforme al pensiero e al gusto musicali dei primi decenni del novecento, servendosi dell’appoggio di alcuni tra i compositori più rappresentativi dell’epoca come Manuel de Falla, Manuel Ponce, Federico Moreno Torroba, Joaquín Turina, Joaquín Rodrigo, Barrios volle invece conservare, e anzi far emergere, le radici arcaiche dello strumento, legate ad un mondo magico e spirituale, anche nelle opere realizzate in perfetta aderenza ai canoni della musica colta occidentale, se non addirittura nei lavori di trascrizione di musica composta per altri strumenti..
Le riflessioni qui proposte, nella consapevolezza del livello di considerazione raggiunto da Barrios in questi ultimi quarant’anni, che hanno registrato una discreta produzione di libri, saggi, articoli a lui dedicati, si sviluppano su una direttrice che evita l’analisi delle composizioni più rappresentative del maestro paraguayano, anch’esse oggetto di particolare attenzione e ormai presenti nei repertori di tutti i maggiori concertisti. Sono invece prese a riferimento, avendo come obiettivo l’analisi degli aspetti tecnico–esecutivi e l’utilizzo delle possibilità espressive della chitarra, le opere esplicitamente a carattere didattico, definite Studio, Esercizio, ecc., nella supposizione che risultino maggiormente rivelatrici del Barrios strumentista. Tale premessa rimane alla base anche nell’analisi del lavoro di trascrizione. In particolare viene analizzata approfonditamente la Gavotte en Rondeau di J. S. Bach, tratta dalla Partita per violino solo BWV 1006, opera trascritta anche da Segovia e che per tale motivo si presta ad un’imperdibile opportunità di confronto tra i due maestri. |
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