Abstract:
Il PIL è stato creato agli inizi del secolo scorso come strumento per analizzare l’andamento economico di un paese misurandone la capacità produttiva. Corrisponde alla produzione totale dei servizi e dei beni finali prodotti da un’ economia in un dato periodo di tempo, solitamente su base annua. Nel corso degli anni questo indicatore numerico è stato caricato di una sempre maggiore importanza tanto da non essere più uno strumento di analisi economica ma uno strumento politico e un obbiettivo da perseguire. E’ l’indicatore per eccellenza della ricchezza di una nazione e quindi del benessere dei suoi cittadini. Le critiche a questo tipo di concezione sono nate insieme al PIL stesso in quanto i suoi creatori hanno fin dall’inizio sottolineato la valenza puramente quantitativa e non qualitativa di questa misura.
I critici del PIL sottolineano come questo indice sia incapace di valutare il benessere reale di una nazione. Innanzitutto non tiene conto di come la ricchezza/reddito venga redistribuita tra la popolazione; inoltre non considera una serie di aspetti che invece incidono notevolmente sulla qualità della vita dei cittadini. Per esempio non contempla l’economia sotterranea ed attività come il volontariato e non tiene conto delle esternalità negative generate dalla crescita economica come l’inquinamento. In questo senso molti studi si sono orientati alla ricerca di indicatori alternativi che vadano a sostituirsi o a integrare il PIL.
Obbiettivo della mia tesi è quello di ripercorrere il dibattito relativo alle misure alternative al PIL analizzando i tratti comuni ai diversi indici alternativi proposti nel corso degli anni.