dc.contributor.advisor |
Miyake, Toshio |
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dc.contributor.author |
Presot, Giovanni <1986> |
it_IT |
dc.date.accessioned |
2013-06-09 |
it_IT |
dc.date.accessioned |
2013-12-03T10:47:21Z |
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dc.date.available |
2013-12-03T10:47:21Z |
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dc.date.issued |
2013-06-26 |
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dc.identifier.uri |
http://hdl.handle.net/10579/3100 |
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dc.description.abstract |
La tesi si occuperà di analizzare il rapporto tra la teoria del “Superflat” dell’artista Takashi Murakami con la storia artistica e culturale giapponese dal dopoguerra agli anni Novanta. Prendendo come riferimento il catalogo della mostra intitolata “Little Boy: The Arts of Japan’s Exploding Subculture” e quello dell’ultima “Murakami Ego” per poi passare ad una serie di saggi critici, sia giapponesi che stranieri, si cercherà di capire se Murakami ha saputo cogliere le contraddizioni del Giappone postmoderno, rappresentando attraverso le sue opere d’arte le ansie e i traumi subiti dai bombardamenti atomici prima e dagli eventi dell’11 marzo 2011 poi.
Nel saggio introduttivo di “Little Boy” Murakami scrive che il Giappone sconfitto e demilitarizzato del dopoguerra subì un collettivo senso d’impotenza e la metafora del “little boy” - ragazzino - descrive un’inevitabile dipendenza dal suo fratello maggiore, gli Stati Uniti. Nel dopoguerra sarebbero scaturite e proliferate tra le giovani generazioni le subculture otaku e del kawaii che, sempre secondo Murakami, sono l’effetto di un bisogno comune di evadere da quel senso d’impotenza e sottomissione e di lasciarsi alle spalle le immagini e i ricordi tragici della guerra. Si vedrà poi come quest’analisi critica della società giapponese contemporanea da parte di Murakami e del critico d’arte Noi Sawaragi possa essere inserita all’interno del discorso sul “Nuovo Nazionalismo” sviluppato negli anni novanta sull’onda del revisionismo storico. Gli artisti Neo Pop giapponesi, di cui Murakami è la figura di maggiore visibilità, hanno fatto un uso creativo delle immagini provenienti dalle subculture, trasformando la loro marginalità, infantilità e incongruenza in risorse per un nuovo stile artistico. Ma questo stile/estetica si può veramente definire come “unicamente” giapponese come sostenuto da Murakami? Murakami teorizza un’estetica nazionale unitaria ponendo sullo stesso piano l’arte pittorica del periodo Edo con le subculture otaku; ma questa autenticità nazionale viene messa in discussione proprio dalle stesse subculture in quanto importate dagli USA nel dopoguerra. |
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dc.language.iso |
it |
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dc.publisher |
Università Ca' Foscari Venezia |
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dc.rights |
© Giovanni Presot, 2013 |
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dc.title |
Takashi Murakami e Little Boy, rappresentazioni post-apocalittiche nel neo pop giapponese |
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dc.title.alternative |
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dc.type |
Master's Degree Thesis |
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dc.degree.name |
Lingue e culture dell'asia orientale |
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dc.degree.level |
Laurea magistrale |
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dc.degree.grantor |
Dipartimento di Studi sull'Asia e sull'Africa Mediterranea |
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dc.description.academicyear |
2012/2013, sessione estiva |
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dc.rights.accessrights |
openAccess |
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dc.thesis.matricno |
813450 |
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dc.subject.miur |
L-ART/03 STORIA DELL'ARTE CONTEMPORANEA |
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dc.description.note |
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dc.degree.discipline |
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dc.contributor.co-advisor |
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dc.subject.language |
GIAPPONESE |
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dc.date.embargoend |
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dc.provenance.upload |
Giovanni Presot (813450@stud.unive.it), 2013-06-09 |
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dc.provenance.plagiarycheck |
Toshio Miyake (miyake@unive.it), 2013-06-17 |
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