Abstract:
Le attività petrolifere estrattive da parte di Texaco nell’Amazzonia Ecuadoriana, hanno avuto impatti devastanti sull’ ecosistema e sulla salute delle popolazioni indigene della zona, le quali sono state private di alcuni diritti fondamentali, come il diritto alla vita, alla salute e all’integrità fisica. Dopo lunghi anni di battaglie giudiziarie, una Corte ecuadoriana ha inflitto alla compagnia il pagamento di un risarcimento record, riscontrando relazione diretta tra le attività inquinanti e i danni subiti dall’habitat e dalla popolazione. L’impresa, non riconoscendo la sentenza né l’autorità dei tribunali ecuadoriani, ha ricondotto la vicenda nei termini di un arbitrato internazionale che ha di fatto bloccato pro tempore l’attuazione della condanna. Ai sensi di un trattato d’investimento bilaterale tra Ecuador e Stati Uniti, Texaco, ora Chevron, ha infatti portato la questione davanti ad un tribunale arbitrale istituito ad hoc sostenendo che l’Ecuador avesse violato gli obblighi del trattato, non garantendo all’impresa la dovuta protezione ed un processo equo. La tutela internazionale degli investimenti, viene quindi a scontrarsi con la sentenza di una corte nazionale che aveva riconosciuto gravi violazioni di diritti umani fondamentali. Dall’analisi della vicenda è inoltre emerso che il diritto degli investimenti internazionali, in particolare il diritto dei trattati di investimento, manca di un’opportuna normativa per considerare le ripercussioni sui diritti umani degli investimenti transnazionali. A tale riguardo, viene proposta l’esplicita integrazione di obblighi legati al rispetto dei diritti umani, tanto per lo stato ospitante, quanto per l’impresa estera, nell’ambito delle concessioni Stato-investitore o nei BITs, trattati bilaterali d’investimento, al fine di prevenire ed eventulamente risolvere tali dispute in osservanza del diritto internazionale, attraverso la tutela dei diritti umani di coloro che non sono direttamente coinvolti nel rapporto d’investimento Stato-impresa.