Abstract:
Vittorio Spinazzola, nel 1990, accorpò "I Viceré" di De Roberto (1893), "I vecchi e i giovani" di Pirandello (1913) e "Il Gattopardo" (1957) di Lampedusa, impiegando la definizione di romanzo antistorico. La triade romanzesca sarebbe portatrice di una visione della storia antiprogressista, espressione della delusione per le condizioni sociali e politiche postunitarie. Tuttavia, l’interesse della tesi si rivolge, nello specifico, al romanzo storico di Pirandello. Ci si propone, infatti, di dimostrare come questo si discosti dalle premesse ideologiche teorizzate da Spinazzola, per esemplificare, invece, una nuova concezione storica, ascrivibile alla stagione modernista. Per evidenziare tale mutamento, si attraversano le fasi precedenti del genere. Nel primo capitolo ci si concentra sul romanzo risorgimentale, prendendo in considerazione “Ettore Fieramosca” (1833) di D’Azeglio, veicolante un’idea progressista di sviluppo storico, e “Le confessioni di un italiano” (1867) di Nievo, in cui l’ottimismo comincia a stemperarsi in una visione chiaroscurale del moto risorgimentale. L’efficacia della definizione di Spinazzola viene approfondita nel secondo capitolo, dedicato a Verga e De Roberto. In seguito, si analizzano due tappe preparatorie per il modernismo italiano: "Memorie del presbiterio" (1877) di Praga e "Il fu Mattia Pascal" (1904). Infine, nell’ultimo capitolo, si dimostra come "I Vecchi e i giovani", caratterizzati da una gnoseologia relativista, sfuggano alla definizione di Spinazzola.