Abstract:
Il seguente elaborato si propone di affrontare gli ultimi sviluppi inerenti la questione LGBT+ in Giappone e di indagare come tale tematica si può rapportare con la sfera religiosa e le sue istituzioni, portando come case-study il buddhismo. Nel pensiero buddhista, infatti, non si riscontrano esplicite condanne all’omosessualità, soprattutto se paragonato, ad esempio, alle religioni abramitiche. Procedendo, quindi, a esaminare il contesto socio-culturale nipponico e l’attuale situazione di marginalità che ricoprono le questioni sociali legate alle minoranze sessuali, si delinea l’interrogativo cardine di questo studio: se in questo caso specifico il fenomeno religioso non è fattore di discriminazione, può diventare a sua volta una chiave per contribuire all’inclusione? Parallelamente, indagare sugli approcci alla questione LGBT+, adottati sia a livello istituzionale sia a livello locale dei singoli templi, può gettare una nuova luce sul ruolo stesso che il buddhismo ricopre in Giappone. Se storicamente la principale funzione socio-religiosa ricoperta dai templi buddhisti è stata, ed è tuttora, quella di fornire servizi funebri, il fatto che diversi monaci abbiano iniziato a promuovere nei propri templi anche cerimonie nuziali per coppie omossessuali e iniziative pro-LGBT+ può, infatti, generare interessanti quesiti su come il mondo buddhista si sta adattando ai mutamenti sociali odierni.