Abstract:
La teoria finanziaria classica poggia le proprie fondamenta sull’assunto che gli individui siano pienamente razionali. Essi vengono assimilati a degli homo oeconomicus, in grado di raccogliere ed elaborare informazioni in modo completo e razionale. Gli studiosi di finanza comportamentale hanno invece dimostrato come gli individui siano dotati di razionalità limitata e le loro scelte vengano guidate da alcune strategie operative, dette euristiche, che semplificano i processi di scelta e originano il verificarsi di anomalie comportamentali, di tipo cognitivo ed emotivo. Queste anomalie causano notevoli effetti negativi sulle decisioni finanziarie degli investitori, i quali, ad esempio, sovrastimano le proprie competenze, non diversificano adeguatamente i propri investimenti, hanno un eccessivo attaccamento affettivo agli strumenti finanziari detenuti, valutano distintamente le perdite e i guadagni. In questo contesto, la figura professionale del consulente finanziario – grazie alle proprie competenze, esperienze e doti relazionali – può porsi come filtro tra l’investitore e i mercati finanziari, mitigando l’impatto delle anomalie comportamentali nelle decisioni finanziarie attuate dagli individui. Ciò può essere fatto solo tramite un adeguato processo di profilatura della clientela, che sia in grado di rilevare non solo le caratteristiche oggettive dell’individuo ma soprattutto i tratti psicologici dello stesso e le anomalie comportamentali che lo caratterizzano. Così facendo, il consulente può entrare in piena sintonia con il cliente, i suoi tratti cognitivi e la sua emotività, costruendo un solido rapporto di fiducia con esso e migliorando la qualità del servizio di consulenza offerto. In questo elaborato, verrà presentata un’analisi empirica volta a rilevare l’impatto di alcuni elementi nella tolleranza al rischio degli individui – tra cui i bias comportamentali e i tratti della personalità – solitamente trascurati in fase di profilatura della clientela.