Abstract:
Il dogma canonico del “Dio uno e trino”, formalizzato per la prima volta nei Concili di Nicea (325), corrisponde al principio neoplatonico della consustanzialità, che S. Agostino elaborò soprattutto nel lavoro in quindici tomi del De trinitatis. Priva di qualsiasi riscontro scritturale e negata, nella sua versione canonica, da altri Padri della Chiesa, la Trinità fu oggetto, nel XVI secolo, degli studi filologici dello spagnolo Miguel de Servet, che individuò nel dogma il grande “errore” della cristianità. Sulla scia dell'ondata riformistica del Protestantesimo, ma in contrasto con la posizione ortodossa sulla Trinità che Lutero, monaco agostiniano, impose sin dal principio alla sua dottrina, l'Antitrinitarismo divenne un tema ricorrente e trasversale nella galassia di posizioni religiose intermedie esistenti nell'opposizione tra il mondo cristiano e quello protestante. A partire dall'idea della storia come un' “interfaccia”, sempre in bilico tra una realtà complessa e la virtualità dell'osservazione, e costruita attraverso un approccio interdisciplinare, questa tesi propone infine una lettura iconografica della Gloria di Tiziano (1551-54), dipinto per Carlo V ed ora conservato al Museo del Prado di Madrid. L'identificazione nel dipinto di due celebri antitrinitaristi e la ricostruzione dei nessi storici e logici di tali presenze nel contesto teologico e politico dell'epoca, negano l'interpretazione corrente del dipinto come manifesto dell'ortodossia asburgica, e fanno luce, per riflesso, sui pregiudizi esistenti negli studi storici sull'Antitrinitarismo in Italia nel XVI secolo.