Abstract:
Nel 1942 inizia le attività una fabbrica di alluminio a Feltre. Per decenni è il “polmone del lavoro” del territorio, unico esempio di grande industria prima dell'industrializzazione che segue il disastro del Vajont. I fumi che salgono dalle ciminiere della fonderia preoccupano, ma non in modo manifesto, e questo gigante incassato nel corpo urbano rimane lì, a poche centinaia di metri dalla cittadella rinascimentale.
Nel 2009 prende forza un nuovo modo di vedere la fabbrica: la fonderia di riciclo dell’alluminio comincia a venire additata come pericolo per la salute della cittadinanza. Cominciano 12 anni di conflitto interno alla città, in cui il ruolo della fabbrica viene messo in discussione, con una pluralità di attori impegnati in un difficile dialogo. Le diverse articolazioni dello Stato, comitati e associazioni, sindacati, lavoratori e azienda si scontrano fino a che nel 2021 viene firmato un accordo volontario per il monitoraggio dei fumi.
In questo dialogo, fatti scientifici, importanza e ruolo del lavoro, le narrazioni che circondano l’alluminio, le preoccupazioni per la salute, la fiducia nelle istituzioni si intersecano a una geografia fatta di conflitti in Italia e all’estero, come tentativo di segnalare uno stesso modus operandi delle aziende in questo conflitto da parte degli attivisti.
L’obiettivo di questa tesi è di riallacciare i fili di questo dialogo, di ricomporne i pezzi e di capirne gli sviluppi, districarne l’intreccio.