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L’Ottocento è il secolo del Positivismo, movimento culturale sviluppatosi prevalentemente in Francia e in Inghilterra, che afferma il ruolo principale delle scienze nel progresso umano. Il termine “positivismo” fu coniato per la prima volta dal filosofo francese Henri de Saint Simon, che teorizzò la nascita di una società al tempo utopica, basata sulla produttività delle classi sociali. Saint Simon scompose scientificamente non solo la società del suo tempo, ma anche le diverse epoche storiche, denominando “organiche” quelle più organizzate e “critiche” quelle più frammentate. Auguste Comte, discepolo di Henri de Saint Simon e iniziatore della filosofia “positiva”, individuò uno sviluppo psicologico dell’evoluzione umana diviso in tre fasi. A ogni stadio corrisponde un’epoca storica e a occupare uno spazio rilevante è lo stadio “scientifico” (o positivo), che si differenzia dagli altri perché si fonda sulla razionalità e sull’osservazione degli eventi. Infatti, questa fase è attribuita all’epoca moderna ed è interessata alla descrizione dei fenomeni a cui corrispondono delle leggi alla base. Secondo Comte l’apice dello sviluppo delle scienze è la sociologia, cioè la disciplina che studia l’origine e l’evoluzione dell’organismo sociale. Su di essa, il filosofo francese sostiene si concentrino le leggi generali che governano le scienze particolari, come la matematica e la biologia, egli divise la sociologia in due campi principali: la “statica sociale”, che studia la struttura ideale della società e la “dinamica sociale”, che si occupa delle cause che determinano l’evoluzione sociale. All’evoluzionismo sociale Herbert Spencer, filosofo britannico del diciannovesimo secolo, applicò le teorie sulla sopravvivenza della specie di Charles Darwin, dando vita al cosiddetto “darwinismo sociale”. Spencer, che contrariamente a Comte sosteneva il rapporto di antagonismo tra società e individuo, utilizzò a favore delle sue tesi anche il principio di adattamento di Lamarck per discutere della moralità individuale, che secondo il filosofo inglese si trasmette ereditariamente. La società è vista come la causa di tutti gli obblighi a cui l’individuo è sottoposto senza avere la possibilità di opporsi, per questo motivo la felicità, intesa come il fine dell’esistenza umana, è limitata dal dovere etico imposto.
A causa della Rivoluzione industriale di fine Settecento che interessò gran parte dell’Europa, le città vissero un periodo di intensa urbanizzazione, le fabbriche erano i luoghi di lavoro in cui era più richiesta manodopera e la figura del borghese guadagnò maggiore importanza. In un’epoca in cui i diritti dei lavoratori erano trascurati, le idee romantiche, quali l’esotismo, l’immaginazione e il principio “dell’arte per l’arte” passarono in secondo piano. Molti intellettuali decisero di descrivere le realtà di tutti i giorni, nella quale i protagonisti non erano più eroi o personaggi dell’antichità, bensì figure appartenenti alla vita quotidiana, il cui fine non era il compimento di azioni memorabili, ma la lotta alla sopravvivenza o la ribellione a un sistema opprimente. Il genere letterario più utilizzato fu sicuramente il romanzo, che in molti casi divenne un mezzo di propaganda per criticare gli abusi della società ottocentesca, esclusivamente interessata al profitto a discapito dei ceti più poveri, si menziona per esempio il romanzo Oliver Twist (1838) di Charles Dickens che racconta i maltrattamenti subiti da un orfano di nove anni.
In questo elaborato si intende analizzare il Naturalismo francese e il Verismo italiano, cioè correnti letterarie, la cui caratteristica principale è quella di descrivere oggettivamente i fatti accaduti. |
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