Abstract:
Lo studio della storia dell’arte e, più nello specifico, l’indagine sull’esperienza estetica derivante dall’approccio col prodotto artistico, ha beneficiato negli ultimi anni delle innovative scoperte in ambito scientifico. In particolare gli studi delle neuroscienze sulla funzionalità del cervello umano hanno contribuito, in un’ottica d’interdisciplinarità, ad ampliare il punto di vista sul dibattito della produzione e della fruizione artistica; così la scoperta dei “neuroni a specchio” o delle aree della corteccia prefrontale adibite alla visione hanno permesso di gettare nuova luce sulla disciplina, cercando di rispondere a domande come: “in che modo percepiamo l’opera d’arte?”
È proprio su questo dibattito che è incentrata la mia tesi di laurea. Qual è il ruolo del cervello nell’esperienza estetica dell’oggetto d’arte, perché apprezziamo maggiormente certe opere rispetto ad altre, quali pregiudizi possono influenzare il nostro giudizio estetico verso il prodotto artistico, come possono essere sfruttate le conoscenze nell’ambito delle neuroscienze cognitive per rendere più engaging la fruizione del patrimonio culturale e come un giusto approccio interdisciplinare all’arte possa apportare benefici al benessere mentale.
Per cercare di rispondere a tutte queste domande è necessario ricorrere alla disciplina della neuroestetica.
Dopo una breve introduzione sulle premesse e le intenzioni del mio elaborato, comincio presentando una panoramica della disciplina: l’importanza dell’interdisciplinarità tra arte e scienza come vantaggio per meglio comprendere l’esperienza estetica, le fondamenta filosofiche e teoriche che maggiormente ne hanno influenzato la nascita, le premesse metodologiche e di definizione e le principali voci del dibattito contemporaneo. Successivamente mi concentro sulla percezione dell’opera d’arte da un punto di vista neurologico: quali sono le componenti neuronali che vengono attivate alla vista di un quadro, le recenti scoperte che hanno dato il maggior contribuito alle ricerche sulla materia, le speculazioni teoriche (neuroestetica descrittiva) e le prove empiriche (neuroestetica sperimentale). In seguito sposto l’attenzione sulla componente sociale della disciplina e sull’influenza che il gusto, la cultura e il contesto hanno sulle nostra percezione dell’opera d’arte. Perché preferiamo un quadro piuttosto che un altro? L’autenticità di un’opera ne influenza il nostro giudizio estetico? I processi neuronali che si attivano all’osservazione di un quadro sono diversi se ci viene detto che questo è esposto in un prestigioso museo? La neuroestetica sociale può aiutarci a rispondere a queste domande, favorendo anche maggiori riflessioni sull’approccio scientifico per l’esposizione museale e l’organizzazione dei luoghi della cultura. L’esperienza estetica non è infatti limitata alla percezione dell’oggetto artistico, ma è un fenomeno ben più ampio che deve tener conto anche del contesto spaziale. Questo, sempre secondo un approccio neurologico alla visita museale, sembrerebbe apportare numerosi benefici al benessere mentale e al well-being, come dimostrato da alcuni recenti progetti sperimentali. In quest’ottica, prima di concludere l’elaborato, presento il caso studio del progetto ASBA, una ricerca promossa dal Centro di Studi sulla Storia del Pensiero Biomedico di Milano (CESPEB) alla quale ho partecipato in veste di tirocinante, che ha come scopo principale quello di dimostrare come la visita museale e la partecipazione ad attività artistiche nei luoghi della cultura possano apportare sollievo a disturbi di ansia e stress. Nel capitolo sono presentati anche altri progetti e ricerche che hanno adottato come focus d’indagine i vantaggi che l’arte può fornire alla salute individuale.