Abstract:
Negli ultimi anni, il crescente utilizzo di filtri UV nella formulazione di prodotti per la cura personale (PCPs) per prevenire i danni alla pelle dovuti alla radiazione ultravioletta, ha portato ad un vasto rilascio di tali composti in ambiente, attirando l’attenzione sui possibili impatti che la loro ampia diffusione può recare su organismi ed ecosistemi. Numerosi studi hanno evidenziato gli effetti negativi dei filtri UV verso delicati ecosistemi marini come le barriere coralline, tanto che diversi Paesi hanno implementato divieti sulla vendita e sull’utilizzo di prodotti contenenti alcuni filtri UV, tra cui il benzofenone-3 (BP-3 o ossibenzone), uno dei filtri UV organici più utilizzati e frequentemente rinvenuto nelle acque costiere. A fronte della vasta produzione scientifica che ha indagato gli effetti ecotossicologici di BP-3 derivanti da un’esposizione acuta, nel presente lavoro sono stati condotti tre saggi con il copepode calanoide Acartia tonsa (Dana, 1849), con lo scopo di valutare gli effetti sub-cronici e cronici di BP-3 su diversi tratti del ciclo di vitale della specie a seguito di un’esposizione ad un range di concentrazioni che può essere rinvenuto in ambiente e di cui si hanno informazioni per effetti tossici su altri organismi acquatici (0.1 – 1000 µg L-1). I test effettuati hanno preso in considerazione diversi endpoint, quali i tassi di mortalità e di sviluppo larvale e la produzione giornaliera di uova e pellet dei giovani adulti per lo studio degli effetti sulla generazione F0, e la capacità di sopravvivenza e sviluppo larvale delle uova prodotte dagli individui esposti nel test cronico, per valutare gli effetti sulla generazione F1. Dai risultati ottenuti, si osserva che BP-3 non dà effetti sullo sviluppo larvale fino ad una concentrazione di 1000 µg L-1 e non altera la produzione di uova fino a 100 µg L-1. Invece, BP-3 ritarda in maniera significativa lo sviluppo larvale della generazione F1 a concentrazioni di 0.1 µg L-1, evidenziando così un possibile rischio ambientale in merito al sostentamento delle popolazioni di copepodi che, in quanto importanti componenti dello zooplancton marino, può avere ricadute negative sull’intera catena trofica.