Abstract:
Il disturbo dello spettro autistico viene definito come un insieme di disturbi del neurosviluppo caratterizzati da deficit persistenti nella comunicazione sociale e da pattern di comportamenti e interessi ristretti e ripetitivi. Tale tipo di disturbo ha diversi livelli di gravità e bisogno di supporto. Inoltre in tale disturbo si possono collocare persone che presentano ritardi cognitivi e del linguaggio ma anche soggetti privi di tali compromissioni.
In questa tesi vorrei esplorare la storia del disturbo dello spettro autistico e l’evoluzione dei suoi criteri diagnostici analizzando il fenomeno delle diagnosi femminile in età adulta, specificatamente in soggetti privi di compromissioni cognitive e del linguaggio. Il disturbo dello spettro autistico, infatti, ha un rapporto di prevalenza maschi-femmine di 3:1. Ciò significa che tale condizione viene diagnosticata circa tre volte in più nella popolazione maschile rispetto a quella femminile, evidenziando un chiaro bias di genere che rende le ragazze meno inclini a ricevere precocemente la diagnosi o, in alcuni casi, a non riceverla affatto per tutto l’arco della vita.
Le ricerche suggeriscono la possibile esistenza di uno specifico “fenotipo femminile di autismo”, che potrebbe incentivare la mimetizzazione dei sintomi. Tale capacità, rappresenterebbe la principale causa dell’alto tasso di diagnosi tardive o addirittura di assenza di diagnosi in questa popolazione clinica. Una delle motivazioni ipotizzate sulla maggior presenza del fenomeno del masking (mimetizzazione o camouflage) in un campione femminile, rispetto ad uno maschile, sarebbe legata al fatto che le donne, in particolare coloro con che rientrano nello spettro autistico, sembrerebbero più soggette alle aspettative sociali legate al proprio genere.
Infine è rilevante notare che comportamenti di camuffamento mantenuti nel tempo possono portare con sé numerose implicazioni cliniche, oltre a ricevere tardivamente una diagnosi formale, che non consente di beneficiare in modo tempestivo dell’assistenza medica adeguata alle loro specifiche esigenze, tali comportamenti espongono le donne con ASD a provare maggiori emozioni negative, rendendole più vulnerabili a sintomi internalizzanti (ansia, depressione, scarsa autostima, pensieri suicidari), e aumentando il rischio di comportamenti autolesivi.