Abstract:
A partire dall’ultimo decennio, nella nostra società è ormai ampiamente consolidato il
sentimento di consapevolezza verso le problematiche connesse al climate change e alle
varie tematiche legate alla sostenibilità, non sono ambientale, ma anche sociale ed
economica. Questi aspetti, oggigiorno identificati con l’acronimo ESG (Environmental,
Social, Governance), coinvolgono anche il lato operativo e reputazionale del
funzionamento aziendale, indipendentemente dalle dimensioni delle stesse
organizzazioni.
A dare una chiara evidenza su come il raggiungimento di questo status “green” è più che
mai necessario e sentito dalle istituzioni, intervengono gli improrogabili 17 obiettivi di
sviluppo sostenibile contenuti nell’Agenda 2030 dell’ONU.
Un’esigenza mondiale, quella della transizione ecologica, che dev’essere recepita in
primis dal singolo individuo, ma soprattutto dalle realtà economiche ed imprenditoriali
che progressivamente stanno rivisitando il loro modo di presentare le informazioni
verso l’esterno anche alla luce delle nuove direttive europee e normative nazionali.
In quest’ambito, la rendicontazione non finanziaria, consente alle imprese di comunicare
le iniziative intraprese a livello aziendale per contribuire alla riduzione del proprio
impatto ambientale e sociale, nonché dare un’informativa sui risultati raggiunti in
termini non economici. Gli aspetti indicati in una Dichiarazione non finanziaria
(abbreviata in DNF), in combinazione ai dati economico-finanziari presentati in bilancio,
costituiscono indirettamente un mero valore aggiunto per le imprese che si trovano a
soddisfare le esigenze di investitori, stakeholders e azionisti sempre più attenti al
rispetto dei requisiti di sostenibilità. L’adesione ai fattori ESG è un’espressione di
rinnovo culturale, un vero e proprio fattore critico di successo, finalizzato a riconoscere
il valore di un’organizzazione non solo in termini di performance economico-finanziarie
ma anche di merito reputazionale poiché conferisce uno status importante nei confronti
dell’attuale business community.
Negli ultimi anni sono stati numerosi gli interventi normativi in tema di non-financail
discolsure. Le istituzioni e le autorità di vigilanza sono ben consapevoli della necessità di
estendere il più possibile la reportistica come un requisito essenziale nelle aziende, con
lo scopo di armonizzare la disciplina in tutti gli Stati Membri favorendo così una più
facile comparabilità delle informazioni e l’eliminazione di fenomeni dannosi come quelli
del greenwashing. Tuttavia, il processo evolutivo sarà probabilmente ancora lungo e
complesso.
L’approfondimento condiviso in questo scritto riporta, in parte, il concetto di
sostenibilità e reporting coinvolgente il mondo finanziario, in particolare quello
bancario, la cui applicabilità non è di immediata comprensione come lo potrebbe essere
nel caso in un’impresa energetica per esempio. Le banche, infatti, si delineano come
degli intermediari in questo processo di transizione, in grado di diffondere fra propri
clienti investimenti ad impatto minimo o nullo e cercare, quindi, di coinvolgere quante
più aziende o privati possibili a prendere parte al cambiamento, ciascuno mediante le
proprie scelte. Per concretizzare tale ragionamento viene, infine, illustrata un’analisi
longitudinale di un caso pratico relativo alla reportistica di Banca Ifis S.p.A.