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Il presente lavoro di ricerca si propone di fare luce su uno specifico settore economico indiano che, in tempi relativamente recenti, sta acquisendo forte impatto sul PIL del paese e che contemporaneamente, gioca un ruolo predominante negli approvvigionamenti di tutto il mondo, in primis di Europa e Stati Uniti.
Si tratta dell’industria farmaceutica indiana. Tale settore è strettamente collegato al concetto di salute, che in India trova le proprie radici in una cultura e filosofia millenaria, di cui l’Āyurveda ne è espressione.
Da tale filosofia scaturisce un mercato di prodotti curativi āyurvedici, i quali costituiscono una particolare nicchia nel più ampio mercato dei farmaci indiani, ma che trova utilizzo anche nel mondo occidentale.
Al fine di presentare un lavoro il più possibile esaustivo, comprendente tutte le dinamiche che hanno determinato lo sviluppo del settore farmaceutico in India, e mettere in luce aspetti peculiari, che necessitano di conformarsi alle regole del mercato internazionale, tale ricerca spazierà in ambiti ritenuti generalmente distanti gli uni dagli altri, (storia-filosofia/economia-diritto commerciale).
L’analisi non parte dal prodotto (il farmaco), e nemmeno da ciò che è lecito pensare che ne determini la sua creazione, (la malattia). Ci si è invece interrogati sull’aspettativa di durata della vita, e di conseguenza su ciò che pone dei limiti ad essa.
Si è voluto arricchire la ricerca, attraverso il riconoscimento del valore inestimabile dell’elemento storico e filosofico, ricercando negli antichi testi sacri, i Veda, una prima risposta al quesito iniziale: quanto è plausibile pensare possa durare la vita di un uomo?
Pur volendo dare al lavoro di ricerca un taglio scientifico con supporto di dati economici, si è lasciato un piccolo spazio anche al “mito”, come elemento che introduce, in una narrazione, l’interesse “ancestrale” degli dei alla salute e alla longevità del genere umano.
Il dato storico presente in questa stesura, permette in primis, di conoscere come regnanti e altre figure di rilievo, abbiano dato spinta alla divulgazione dell’Āyurveda in India e nel mondo, e in un secondo momento, di collocare la nascita e lo sviluppo dell’industria farmaceutica indiana, all’interno di scenari evolutivi di portata mondiale come: scoperte scientifiche, colonialismo e prima guerra mondiale.
Dalla ricerca emerge che il governo indiano, promulgando una serie di Act, ha fin dal 1940 supportato l’ascesa del settore farmaceutico, emanando leggi atte a “controllare”, a favorire la presenza dello stato nell’industria farmaceutica e a supportarne il suo sviluppo, ma ciò a cui non sembra aver ancora fornito risposte chiare, è in merito alla spinosa questione del riconoscimento dei brevetti (in questo caso farmaceutici), registrati all’estero.
Il quadro appare da un lato sorprendente, con una crescita del settore esponenziale, in grado di sostenere da solo, tre punti di PIL del paese e con piani di crescita ambiziosi; dall’altro inquietante, se letto in un’ottica di ricerca di equilibrio negli scambi internazionali.
Poiché la quasi totalità della produzione dei farmaci da banco, viene prodotta in India, sorge spontaneo chiedersi se il “resto del mondo” si interroghi su quali scenari possano prospettarsi qualora il suddetto paese, che assume sempre più i connotati di “farmacia del mondo”, dovesse chiudere o limitare la produzione e/o distribuzione di medicine.
La presente ricerca si limita a riportare una prudente proiezione ai possibili traguardi per il 2030 del settore farmaceutico in territorio indiano, e si conclude considerando l’impatto della diffusione della sindrome respiratoria acuta da Covid-19 nel Paese maggior produttore di farmaci. |
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