Abstract:
Fra tendenze tradizionalistiche e correnti eversive, la nascita delle avanguardie, il dissacrarsi del ruolo sociale del poeta, la messa in crisi delle nozioni di linguaggio e di identità: della poesia italiana del primo Novecento si fatica a tracciare un profilo esaustivo. Il poeta, romanziere e novelliere fiorentino Aldo Palazzeschi (1885-1974) è una figura capace di distinguersi nel confuso panorama in quanto «uomo del suo tempo non mai prigioniero del suo tempo» (Montale). La sua retorica rifiuta tanto l’esperienza del sublime dannunziano, quanto le reazioni crepuscolari. Compiendo un originale attraversamento del futurismo, Palazzeschi collauda forme e strutture in grado di cogliere il senso di smarrimento di un intero periodo storico. Parodia e rovesciamento costituiscono la cifra caratteristica di un’esperienza linguistica e stilistica inquieta e dinamica. Nel movimento, nella trasformazione grottesca e nella revisione continua delle sue prime raccolte poetiche (I cavalli bianchi, Lanterna, Poemi e L’incendiario) si intravvede ciò che verrà in seguito elaborato dalle neoavanguardie europee: in virtù del destrutturarsi del linguaggio, la parola si fa leggera, “si fa fumo”, e restituisce così l’immagine di un vuoto radicale e incolmabile. La presente tesi propone un’analisi della poetica palazzeschiana dell’“anti-istantanea”, soffermandosi sui fatti retorici e stilistici caratteristici della scrittura di questo originale interprete del nostro Novecento letterario.