Abstract:
L’equilibrio di potere è un concetto centrale nelle relazioni internazionali. Applicato alla politica europea dal 1648, implicitamente con Vestfalia ed esplicitamente con Utrecht, è ritenuto il giusto criterio per raggiungere la pace e la tranquillità generale in Europa.
Il diciassettesimo e il diciottesimo secolo sono stati caratterizzati da grandi guerre, che hanno coinvolto la maggior parte delle potenze europee. Al fine di evitare i conflitti o renderli il più possibile non distruttivi, gli stati hanno cercato di fare maggior affidamento su iniziative politiche e diplomatiche piuttosto che su quelle militari. Secondo il principio dell’equilibrio di potere, nessun singolo stato o coalizione di stati può possedere un potere schiacciante, poiché l’egemonia lo incoraggerebbe a imporre la propria volontà sugli altri.
Ogni sistema richiede un equilibratore, che deve intervenire quando l’emergere di uno stato o di un’alleanza in grado di mettere a repentaglio l’equilibrio complessivo è evidente. L’equilibratore sostiene lo stato più debole contro il più forte, mantenendo l’equilibrio attraverso la sua flessibilità diplomatica e spostando il suo sostegno da un lato all’altro. A partire dal diciottesimo secolo, in questa linea di condotta eccelse la Gran Bretagna, preoccupata di mantenere e consolidare il proprio dominio coloniale e marittimo, e quindi interessata a bloccare ogni tentativo da parte di uno stato europeo di creare una posizione dominante sul continente.
Gli interessi britannici sono sempre stati più mondiali che europei e proprio l’espansione nel mondo ha costituito la base della grandezza del paese. Il sentimento di disaffezione da parte delle istituzioni e del popolo inglese nei confronti dell’evoluzione del processo di integrazione europea è stato evidente anche nel 1946, quando Churchill propose la creazione degli Stati Uniti d’Europa, senza la Gran Bretagna. Nel 1957 il Regno Unito rifiutò di partecipare ai negoziati che avrebbero condotto alla firma dei trattati CEE ed Euratom, entrando solo successivamente. L’adesione fu però vista come una sconfitta per l’eccezionalità britannica piuttosto che come una vittoria per la solidarietà europea. Queste divergenze tra la Gran Bretagna e l’Unione Europea sono maturate nel tempo fino a sfociare nel “divorzio”.
Elisabetta II è stata testimone di enormi cambiamenti politici in patria e all'estero. Pur rimanendo un simbolo duraturo di continuità, la Regina cercò di adattare l'antica istituzione della monarchia alle esigenze dell'era moderna. E, mentre la nazione su cui regnava faticava a volte a trovare il suo posto in un nuovo ordine mondiale, Elisabetta II rimase un simbolo di stabilità. Ma quel legame era con l'istituzione della monarchia o con la stessa Elisabetta?