Abstract:
L'elaborato si propone di analizzare il principio di inerenza dei costi, in particolare in relazione alla determinazione del reddito d'impresa, illustrandone brevemente l'evoluzione nel corso del tempo, per poi concentrarsi sulle criticità relative all'individuazione della sua fonte normativa e alla sua concreta applicazione nella valutazione dei componenti negativi di reddito.
L'inerenza è cambiata notevolmente nel corso del tempo, con un progressivo allargamento dei costi considerati inerenti, e dunque deducibili ai fini del reddito d'impresa, per adeguarsi alle nuove esigenze e ai nuovi modelli produttivi delle imprese. L'evoluzione è stata possibile in quanto il legislatore non ha mai dato una definizione precisa di inerenza. Se questo da un lato ha permesso di mantenere il elastico principio, dall'altro ha creato notevoli difficoltà sia nell'individuazione della fonte normativa sia nella concreta applicazione dello stesso, lasciando spesso ampio spazio di manovra all'Amministrazione Finanziaria e dando vita a diversi orientamenti giurisprudenziali. Il primo capitolo, dopo un primo inquadramento della funzione del principio di inerenza, ne illustrerà l'evoluzione e le diverse ipotesi di inquadramento normativo.
Per poter dedurre un costo questo dev'essere inerente dal punto di vista qualitativo, dev'essere cioè attinente all'attività esercitata dall'impresa. Non sono al contrario deducibili i costi sostenuti per finalità extraimprenditoriali, ad esempio a beneficio dell'imprenditore, dei suoi familiari o di soggetti terzi. Questa valutazione va effettuata caso per caso, avendo riguardo all'attività in concreto esercitata dall'impresa, ed in alcuni casi può risultare particolarmente complessa. Il secondo capitolo si occuperà di definire questo aspetto analizzando alcuni dei costi di più difficile inquadramento, come ad esempio le spese di rappresentanza.
Per lungo tempo accanto alla valutazione qualitativa vi è stata anche una valutazione quantitativa dell'ammontare del costo sostenuto rispetto all'attività d'impresa. Se un costo era ritenuto sproporzionato dall'Amministrazione Finanziaria, ad esempio perché non congruo rispetto al volume d'affari dell'impresa, questa impediva la deduzione della parte considerata eccedente basandosi sul concetto di antieconomicità. La Giurisprudenza riteneva legittimo questo modus operandi, tuttavia c'è stato un importante cambiamento nell'orientamento della Corte di Cassazione nel 2018, la quale ha ritenuto che l'inerenza dei costi vada valutata solo dal punto di vista qualitativo. Analizzando però più a fondo l'utilizzo dell'antieconomicità nelle contestazioni dell'Amministrazione Finanziaria si vede come venga in realtà utilizzata per colpire delle pratiche di elusione fiscale, più che per impedire la deduzione di costi non inerenti. Questo accade perché provare l'elusione risulta più difficile che contestare l'antieconomicità, quindi l'Amministrazione Finanziaria continua ad utilizzare questo concetto in maniera impropria, finendo per colpire anche soggetti che avrebbero diritto all'integrale detrazione dei costi sostenuti. Il terzo capitolo illustrerà diversi punti di vista che si sono sviluppati in questa questione ancora aperta, sulla quale si attende un chiarimento da parte del legislatore. Verrà preso in considerazione anche il tema della ripartizione dell'onere della prova tra contribuente ed Amministrazione Finanziaria.