Abstract:
L’evoluzione dell’arte è da sempre stata condizionata dallo sviluppo tecnologico che introduce nuovi strumenti, tecniche e supporti.
L’arte digitale ha ormai una storia lunga sessant’anni ma l’espansione sempre più sofisticata della tecnologia con la conseguente continua introduzione di nuovi media sembra far ripartire ogni volta il dibattito da zero, dimenticando ciò che c’è stato nel passato e condannando la discussione a una costante ripetizione.
Dal 2020 la controversia dell’arte digitale ha come protagonista la questione degli NFT (Non-Fungible Token), a cui ci si riferisce con la definizione di Crypto Arte, definizione che di per sé non descrive né un movimento né uno stile, ma si limita a circoscrivere quella tipologia di arte basata sul meccanismo blockchain.
Il presente lavoro intende affrontare la questione, collocandosi in una direzione che tenta di analizzare la tendenza della Crypto Arte attraverso una prospettiva post-mediale. A questo scopo, si cercheranno di cogliere da una parte i punti di continuità e discontinuità con la storia delle Media Arts e, d’altra parte, di ragionare sulle forme dinamiche e interdisciplinari del nuovo set di pratiche artistiche dell’attuale scenario mediale.
Una particolare attenzione sarà rivolta alle nuove forme di organizzazione economiche e sociali delle community digitali, sempre più orientate ad assumere la forma di un’intelligenza collettiva distribuita in ogni luogo, costantemente valorizzata, coordinata e mobilitata in tempo reale, il cui senso viene acquisito all’interno di quell’universo virtuale creato dalle tecnologie digitali.
In ultima istanza, si approfondiranno la fragilità e la volatilità del mercato crypto che spesso è causa scatenante del fallimento dei progetti di arte in NFT.
Per provare a fornire un anello di congiunzione tra la presente ricerca e il dibattito crypto, questo lavoro di tesi propone l’analisi di un caso di studio specifico, Botto.
Quest’ultimo è un progetto sviluppato dall’artista Mario Klingemann nel 2021, che vede la creazione di un robot, sotto forma di una piattaforma digitale espansa, programmato con l’unico scopo di creare opere d’arte in NFT. Botto, autore di The Decentralized Unicist Manifesto, è governato da una community che, attraverso un iniziale investimento nel progetto in cryptovalute, gestisce l’artista, i suoi servers e ha il potere di decidere cosa è arte e cosa non lo è attraverso la votazione del miglior frammento tra le trecentocinquanta opere che l’artista decentralizzato presenta settimanalmente alla sua community.
Ogni settimana, l’opera vincitrice viene pubblicata all’interno della blockchain Ethereum e venduta all’asta. Il cinquanta percento dei ricavi entra nei wallets dei bottoniani, il restante cinquanta percento viene investito per lo sviluppo del robot.
Questo progetto rappresenta un interessante punto di accesso alle complesse tematiche della cryptoart, ma anche, più in generale, del dibattito sullo statuto ontologico dei media contemporanei, attraversati, come sono, da una estrema dinamicità e rapidità di riconfigurazione nelle forme e nei linguaggi.