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Il termine “lavoro sessuale”, coniato sul finire degli anni ‘70 dall’attivista femminista Carol Leigh, indica qualsiasi attività che preveda un accordo commerciale esplicito tra due o più parti, con il quale si stabilisce una retribuzione economica in cambio di un servizio sessuale, erotico o romantico concordato e limitato nel tempo. Questa tesi si propone di tracciare una panoramica del sex work in Cina dall’età riformista all’epoca contemporanea, concentrandosi sulle condizioni economiche che hanno portato all’ascesa del mercato del sesso ed esaminando le diverse tipologie di lavoro sessuale e le politiche governative messe in atto per contrastarlo.
Infatti, se nell’epoca maoista il governo aveva dichiarato come debellato il problema della prostituzione, nei primi anni Ottanta, in seguito alle politiche di riforma e apertura, questo torna a essere diffuso in tutto il Paese.
La tesi traccia un quadro del sex work che, in quanto termine ombrello, include il lavoro indoor offline (praticato nei karaoke, nelle sale da tè, nei ristoranti, negli alberghi, nelle saune, nei saloni di bellezza, nei centri massaggi, negli appartamenti), quello outdoor (su strada) e quello online
(pornografia, cam, vendita di contenuti audiovisivi, linee erotiche). A questo si affianca la risposta governativa alla prostituzione, attraverso l’emanazione di misure quali l’articolo 140 del Codice Penale del 1979, il Security Administration Punishing Act del 1987, la campagna nazionale per
l’eliminazione dei “Sei Vizi” del 1989, il Codice Penale del 1997, le campagne anti-volgarità del 2009 per ripulire Internet, quelle del 2010 per “spazzare via il giallo” e via dicendo.
In seguito, l’elaborato intende focalizzarsi sul dibattito e le rivendicazioni femministe, tracciando una distinzione tra le istanze del femminismo istituzionale (All-China Women’s Federation, con Ding Juan e Wang Jinling) e di quello non governativo (Zheng Tiantian, Ye Haiyan e Li Yinhe).
Infine, ci si concentra sul sex work praticato da soggetti differenti da quello stereotipato della donna etero cisgender, analizzando le implicazioni e le modalità di lavoro sessuale attuate da soggettività non eterononormate: uomini gay (i cosiddetti moneyboys) ed etero e persone transgender.
Per quanto concerne queste ultime, si indaga il concetto di performatività di genere e femminilità, unitamente allo stigma subito dalle sex worker trans. Relativamente alle modalità, si traccia un quadro dell’uso che le individualità queer fanno delle piattaforme mainstream, come Twitter o Blued, nell’ambito del mercato erotico, servendosi di nuove e vecchie funzionalità in maniera inedita. |
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