Abstract:
Il binomio “Islam e diritti umani” è assai frequente dal momento in cui si è trovato e si trova ancora oggi al centro di discussioni di varia natura, che siano esse politiche, religiose o legislative.
Con la pubblicazione della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo nel 1948, il dibattito è divenuto ancora più acceso. È in quella occasione, infatti, che Paesi prevalentemente islamici come Sudan, Pakistan e Arabia Saudita hanno rifiutato di ratificare la Dichiarazione che avrebbe invece dovuto essere, per natura, “universalmente” accettata. Le critiche, che non sono certo mancate da parte dei Paesi “oppositori”, si focalizzano sul fatto che in questo documento non vi fosse la minima considerazione per le esigenze religiose e culturali dei Paesi islamici. Anzi, un musulmano non avrebbe potuto attuarla senza violare la legge dell’Islam. Effettivamente, il documento cozza con quelli che sono i diritti dell’uomo nell’Islam, che hanno invece una diversa accezione: il diritto è di Allah. L’obiettivo di questo elaborato è quello di analizzare, anche se brevemente, le controversie presenti ancora oggi in campo di diritti umani nell’Islam, con un focus maggiore sul diritto di libertà religiosa, ed in particolare sui musulmani che vivono nella diaspora. Oggi, in Europa, sono presenti circa 44 milioni di musulmani e allo stesso tempo oggi, in Europa, vige il concetto di laicità e soprattutto ci si guarda alla Dichiarazione del 1948 come al documento cui fare riferimento se si parla di diritti umani. È naturale chiedersi in questa situazione: in quali misure il musulmano deve o può rinunciare ai suoi valori fondamentali?
Come anticipato, dal momento in cui non è certamente possibile in questo studio analizzare nel dettaglio tutte le controversie e le difficoltà che incontrano i musulmani nella diaspora, ci si soffermerà su un diritto “universalmente” fondamentale come la libertà di manifestazione religiosa. Verrà fatta un’analisi nella quale si vedrà come questa è concepita nella ‘umma e poi nella diaspora, analizzando varie fonti giuridiche islamiche, tra cui la Dichiarazione di Marrakech del 2016 a proposito delle minoranze religiose in Marocco. A questo proposito, si approfondirà l’argomento con un caso studio: la sentenza del caso Abdi Ibrahim c. Norvegia, emanata nel 2021 dalla Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo. Da una prima lettura della sentenza, si legge quanto segue: “Il caso originava dalla decisione delle autorità norvegesi di dare seguito all’adozione di un minore senza il consenso della madre, rifugiata somala, che pur non contestando la decisione di affidare il figlio ad un’altra famiglia, chiedeva che, nella scelta della famiglia affidataria, venisse presa in considerazione l’identità religiosa del bambino. La madre chiedeva infatti che il figlio fosse affidato a una famiglia musulmana o comunque mantenesse un contatto con la sua cultura e la sua fede. Nonostante tale richiesta, il bambino veniva affidato e poi definitivamente adottato, a seguito della decisione della Corte Suprema, da una famiglia cristiana.” Si tratta di un caso recente, che, grazie anche al forte clamore che ha suscitato, mostra come ancora oggi sia necessario fare chiarezza sulle diversità culturali e soprattutto lottare per renderle lecite agli occhi “occidentali”. Lo studio sarà dunque suddiviso in tre capitoli, la cui stesura è avvenuta tramite una ricerca quantitativa delle fonti in diverse lingue, tra cui italiano, inglese, francese e arabo. Il lavoro è stato anche di tipo traduttologico, con la proposta di traduzione della Dichiarazione di Marrakech dall’arabo all’italiano. Infine, con le conclusioni, saranno fatte varie considerazioni anche sulle prospettive future, che si confida abbiano come fondamento il rispetto e soprattutto la considerazione di tutte le diversità che una cultura come quella islamica può portare con sé.