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Il presente lavoro si propone di argomentare il tema del negativo a partire dalla proposta filosofica di Martin Heidegger. Si cercherà di affrontare, dunque, in modo diretto la negatività come ciò che differisce dall’antitesi metafisica di essere e nulla. Lo sviluppo della questione del Nichts, nel primo capitolo, verrà declinata in rapporto al Dasein e la sua possibilità estrema: lo Sein-zum-Tode. Il rimando ontologico che rispecchia il nulla nell'essere, di cui il Dasein fa esperienza, costituisce una dimensione che precede la comprensione gnoseologico-metafisica a cui si giunge con le categorie logiche. Tale dimensione è la precomprensione che innesca il circolo ermeneutico, il quale va abitato nella maniera giusta. Rimanendo in questo circolo, allora, nel secondo capitolo si affronterà il paradosso dell’ermeneutica: la circolarità del dire, che è pensiero, che tenta di dire, cioè pensare, sé stesso. Dopo aver storicizzato il fondamento della metafisica, l’ermeneutica ricerca il proprio stesso fondamento, il quale deve mostrarsi capace di fare i conti con l'Ab-grund. Sono state considerate, a tal fine, le proposte pensanti di Vattimo e Vitiello, le quali tentano di corrispondere il circolo ermeneutico, inaugurato da Heidegger, attraverso una prassi di pensiero. Il terzo capitolo riprenderà alcune osservazioni heideggeriane degli anni di Marburgo sulla logica e sulla struttura dell’in-quanto ermeneutico. La parola (λόγος) significa il dire l'essenza dell'uomo nel τὸ λεγὸμενον: ciò serba in sé, però, il pericolo tragico dell'imporsi in modo violento, coprendo l'esperienza del Linguaggio come possibilità dell'enunciazione. Il λόγος, infatti, dispone l’esser-insieme e la possibilità dell’enunciato assertorio, la sua struttura sintetico-diairetica che custodisce il μὴ ὅν. Il contrappunto nel singolo Dasein del dire-significato apofantico è la differenza dell'essere dall'ente, nel punto di fuga dello Sein-zum-Tode, il quale svela l'esperienza dell'essere come finitezza e come possibilità dell’impossibile. |
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