Abstract:
Avvicinare i bambini alle opere artistiche e far vivere loro l’arte in ogni sua forma ha un impatto positivo sul loro sviluppo cognitivo ed emozionale, ne incoraggia la creatività e aiuta a sviluppare le capacità comunicative.
Arte e creatività svolgono un ruolo fondamentale nell’ambito dello sviluppo infantile, tuttavia, per molti versi, entrambe sembrano essere oggetto di scarso interesse da parte delle istituzioni scolastiche e di quelle attive nell’ambito della divulgazione culturale.
Numerosi studi, tra cui quello pubblicato da Nature del 1996 in riferimento alle ricerche condotte nelle scuole primarie pubbliche del Rhode Island, dimostrano che, fin dai primi anni di vita, l’esercizio artistico contribuisce a migliorare le capacità espressive, a favorire l’apprendimento logico-matematico e linguistico, a rafforzare la consapevolezza di sé e a liberare le potenzialità creative insite in ogni bambino.
John Dewey, pedagogista americano, affermò che l’arte fosse il mezzo più indicato per utilizzare in maniera costruttiva l’energia creativa racchiusa nel bambino. Il fine dell’attività creativa del bambino, infatti, non sono i “manufatti” che egli realizza, quanto l’impulso allo sviluppo delle sue capacità osservative, mnemoniche e immaginative.
Anche dal punto di vista psicologico, l’arte sembra assumere un’importanza cruciale nell’evoluzione interiore dell’individuo: promuove una maggiore conoscenza di sé, di orientamento nella realtà e di risoluzione dei problemi.
Maria Montessori elaborò un concetto di “esperienza”, in cui il fare e l’azione rappresentano la manifestazione esterna del pensiero. In questa concezione, l’esperienza manipolativo-sensoriale, tipica della produzione artistica, assume un ruolo centrale in chiave evolutiva e la mano può essere considerata una sorta di “protesi” della mente. La studiosa sosteneva infatti che l’attività artistica fosse una forma di “ragionamento” e che “percezione visiva” e “pensiero” fossero connessi in maniera inscindibile.
A partire dalla letteratura sul tema, agli studiosi dell’arte si pone pertanto la sfida, non più trascurabile, di offrire il loro sapere all’interpretazione libera dei bambini, anche mediante la creazione di specifici percorsi mirati al loro coinvolgimento nelle visite museali.
È a Bruno Munari, artista e designer, che dobbiamo la creazione del primo laboratorio per bambini in un museo, aperto nel 1977 nella Pinacoteca di Brera. Munari adottò un approccio interdisciplinare, che univa creatività, tecnica e psicologia. Il suo era uno spazio di incontro educativo e di collaborazione, in cui imparare ad osservare la realtà con tutti i sensi, non solo con gli occhi.
Nella realtà veneziana odierna, uno dei tentativi più riusciti è quello introdotto a partire dal 2017 dalla Peggy Guggenheim Collection, che con i suoi programmi educativi intende coinvolgere genitori e bambini in esperienze stimolanti e sempre diverse. Attraverso il “Kids Day”, uno dei percorsi offerti dalla Galleria per i bambini tra i 4 e i 10 anni, si incoraggia l’interazione e la collaborazione tra pari. L’attività in un primo momento si articola con la visione ravvicinata delle opere esposte e poi successivamente attraverso la rielaborazione da parte dei bambini delle suggestioni estetiche ricevute durante la visita.
Infine, verrà offerto un approfondimento all’argomento a partire dalla conoscenza diretta di un esempio applicativo di programmazione inclusiva. Sarà proposta la discussione delle prime fasi organizzative di un ciclo di visite guidate alle chiese del centro storico di Treviso, che ha come destinatari bambini dai 5 ai 10 anni. Si tratta di una esperienza alla quale si è stati coinvolti nell’ambito del tirocinio formativo universitario e che ambisce a sollecitare la curiosità verso l’arte da parte dei più piccoli.