Abstract:
Un’analisi dei contesti abbandonati e delle dinamiche che vi si verificano non può prescindere dalle logiche della città contemporanea, responsabili dell’esistenza dell’abbandono stesso.
L’estetica urbana prevalente nell’Occidente industrializzato si presenta monopolizzata dall’obiettivo del decoro, concetto che, in realtà, non corrisponde a dei canoni estetici precisi, ma rimanda ad un generico senso di “adeguatezza”: ciò comporta che le azioni volte al mantenimento del decoro non abbiano una matrice realmente estetica, ma si rapportino più da vicino con la strenua difesa della proprietà privata e con la dimensione produttiva della città; infatti, l’adeguatezza nel contesto urbano è perseguibile solamente da un individuo utile e organizzato, che vive la città in modo razionale. Lo stesso vale per le componenti materiali della città: edifici o aree intere, persa la propria funzione, vengono marginalizzati e lasciati a se stessi e, senza nessuno che ne ripristini il decoro, la più emblematica rappresentazione del suo opposto: il degrado.
Il binarismo del pensiero razionalista moderno occidentale, che si declina efficacemente nelle logiche urbane, gestite in base alle dicotomiche distinzioni tra cittadini perbene o permale, tra essere organizzati o vagabondi, tra decoro o degrado, viene scardinato nei contesti abbandonati. Improduttivi, indecorosi e incontrollati, appaiono difficilmente decifrabili, in bilico costante tra naturale e antropico, tra proprietà e anarchia, e questo tiene ad una certa distanza la maggior parte delle persone.
Tuttavia, singoli o gruppi di individui gravitano intorno ai contesti abbandonati: il primo obiettivo di questo lavoro è delinearne le caratteristiche e le dinamiche relazionali.
In questo elaborato, particolare attenzione viene riservata ai “visitatori” dei luoghi abbandonati che sembrano agire in nome di queste logiche: gli esploratori urbani. I loro comportamenti rimandano a quelli di un visitatore museale e costituiscono l’unica categoria che non si avventura all’interno di questi ambienti per necessità (come può essere per i writer, che necessitano di un luogo meno controllato per esercitarsi senza troppe pressioni), ma per interesse nei confronti dell’abbandono “in quanto tale”.
Attraverso un’attiva e numerosa comunità online, nel mondo dell’esplorazione urbana si sono progressivamente imposte due regole, condivise a livello internazionale, di cui si ricercheranno i parallelismi con i meccanismi del decoro urbano; la prima regola è mutuata dal motto dell’organizzazione ambientalista Sierra Club: “Leave nothing but footprints, take nothing but photographs”. Vincolando gli esploratori a un atteggiamento estremamente conservativo, la prima regola pone inevitabilmente in contrasto gli urbexer con i comportamenti della maggior parte dei trasformatori (writer e distruttori). La seconda regola impone di non condividere online le coordinate dei siti che si visitano, ma solamente le fotografie. Questa regola sembra alimentare sentimenti di proprietà nei confronti dei luoghi, sempre più difficili da trovare proprio a causa della regola stessa.
Se da un lato gli esploratori, nella loro ottica conservativa, sembrano voler musealizzare l’abbandono, spesso la letteratura che ha affrontato il tema presuppone che la sorte più auspicabile per un contesto abbandonato sia la “salvezza”, o meglio, la rifunzionalizzazione.
Il secondo obiettivo della tesi è analizzare le potenzialità dell’abbandono a fronte della sua posizione marginale.
Per comprendere le caratteristiche, le motivazioni e i legami con il decoro degli esploratori urbani verrà condotta una ricerca netnografica all’interno delle comunità Urbex online, allo scopo di mostrare quanto le motivazioni alla base dell’ingresso nei luoghi abbandonati a scopo ludico e l’approccio a questi luoghi siano diversi e contrastanti.