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La definitiva conclusione della Guerra Fredda ha visto come protagonisti il presidente americano George Bush e il leader sovietico Mikhail Gorbachev, ma i rapporti verso la soluzione del conflitto hanno preso il via a partire dal dialogo intrapreso da Gorbachev e il presidente Ronald Reagan.
Sull’operato di Reagan a questo proposito i pareri sono estremamente contrastanti, ma anche i suoi detrattori ammettono che avesse la grande capacità di comunicare con il pubblico e di essere un buon mediatore.
Il suo intervento è stato decisivo per la risoluzione del conflitto; questo fatto, da solo, non risulta essere originale come oggetto di indagine. Diventa invece territorio di ricerca unire il “cosa” con il “come”, cioè andare a verificare le strategie utilizzate per il consenso, non solo all’interno del suo paese, ma anche al di fuori di esso, tra alleati e nemici.
Questa tesi si propone di analizzare il Discorso Politico di Reagan: l'analisi è improntata sia sulla situazione storico-politica, che ha creato il contesto in cui gli “speech” sono stati presentati, sia sul contenuto e sulle scelte linguistiche e lessicali operate dall’oratore.
Esiste un’ampia gamma di strumenti utili per questo tipo di analisi; questo studio si propone di utilizzare una metodologia che preveda l’unione di un’analisi di tipo qualitativo ad una di tipo quantitativo per mettere in luce la strategia di comunicazione operata da Reagan. In tal senso è stato utilizzato il software WordSmith Tools, che permette un’accurata analisi quantitativa.
In questa ricerca l’analisi del contesto storico-politico si fonde con l'analisi linguistica (qualitativa e quantitativa); le osservazioni che si possono trarre delineano precise strategie di comunicazione che più tardi faranno scuola sul piano politico, utilizzate da Democratici e Repubblicani, da Destra e Sinistra storica europea, fino ad arrivare agli esponenti della politica contemporanea.
“The Great Communicator” ha in qualche modo contribuito a modificare il profilo dell’uomo politico, attraverso il processo di personalizzazione e l’utilizzo delle competenze extrapolitiche di un outsider; ha anche caratterizzato la tendenza della leadership per gli anni successivi.
Analizzando i testi degli “speech” si possono cogliere gli elementi precisi della costruzione del suo personaggio, i termini che riescono a legare l’uditorio all’oratore, la strategia atta a ottenere il consenso per le policy proposte, il passaggio da una “visione della sua America” alla proposta di condivisione della stessa.
In questo modo è possibile evidenziare le caratteristiche di questo iter: dall’esistenza di un filo conduttore “intrinseco”, che si dipana fin dagli esordi verso l’ottenimento di una “pace onorevole”; ai significativi ed impegnativi cambiamenti delle linee politiche, determinati dalle situazioni contingenti della politica estera; dall’imprescindibile connessione, nella visione reaganiana, tra la politica interna e quella internazionale; all’altrettanto strettissimo legame tra la retorica e l’azione politica.
Grazie al potere delle parole Reagan è riuscito a comunicare la sua visione dell’America, cercando di elevare lo spirito e la morale del popolo statunitense grazie al linguaggio.
Fu Reagan stesso a scrivere al capo del suo staff, James A. Baker, che la cosa più importante che insieme avevano cercato di recuperare nell’America consisteva proprio nel senso dell’ottimismo di cui gli Stati Uniti avevano bisogno.
Un cambio di morale basato su un’attenta lettura dei principi della Costituzione, sul ricorso all’enunciazione dei suoi valori fondanti; ma anche dei sogni, delle speranze, dei mille aneddoti legati tanto ai “grandi esempi” quanto alla quotidianità vissuta dall’uomo comune.
La Sua America. |
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