Abstract:
CAPITOLO I
LA PIANA DI GIOIA TAURO, TERRA FERTILE E ABBANDONATA
I. Presentazione generale del territorio
“Calabria, casa sempre aperta. Un arancio il tuo cuore, succo d'aurora. Calabria, rosa nel bicchiere.”
Franco Constabile
La Piana di Gioia Tauro è la seconda pianura più grande per estensione della Regione Calabria dopo quella di Sibari e conta 160.000 abitanti in un’ area di 30 comuni di cui il maggiore è Gioia Tauro con una popolazione al censimento 2011 di 19.063 abitanti, seguito da Palmi (18.721) e Taurianova (15.310), mentre il più piccolo è Candidoni con 389 abitanti. Il nome della zona richiama a quello di una pianura, ma in realtà la morfologia del territorio offre una molteplice varietà paesaggistica tra monti, colline e mare.
La Piana di Gioia Tauro, una vasta area di 37 Comuni caratterizzati da una vasta area di agrumeti e uliveti secolari, nonché i famosi uliveti monumentali che si trovano nei soli comuni di Gioia Tauro, Taurianova e Rizziconi.1 La zona è anticamente riconosciuta per la sua fertilità e per il clima mediterraneo che garantisce raccolti vari e ricchi in tutto l’anno e infatti l’economia della zona si basa fondamentalmente sull’agricoltura che negli ultimi decenni sembra essere in via di sviluppo i settori del commercio e dell’artigianato, mentre l’attività agricola ha ripreso il suo ruolo centrale
nell’economia. Le colture maggiormente presenti nella zona riguardano quelle dell’ulivo, con la presenza degli ‘ulivi monumentali’ , e gli agrumi con particolare tendenza, negli ultimi decenni, alla monocoltura del kiwy con finalità di esportazione. I dati sull’esportazione del kiwy calabrese segnano un netto rialzo per un valore che va da 362.800 euro nel 2000 a 11.442.452 di euro nel 2020.2
Ma nonostante i dati in alcuni casi in crescita, questo tipo di produzione porta impoverimento del suolo dato dall’utilizzo massiccio di pesticidi e la perdita della frazione organica che unita alla fragilità fisica del territorio, mette il territorio continuamente a rischio erosione e desertificazione.
E se l’agricoltura soffre di croniche inefficienze produttive e organizzativo, meglio non va nel settore mercantile e terziario in generale, dove il rinnovamento delle basi produttive e gli investimenti in questo senso tardano a prendere piede. “La ‘modernizzazione senza produzione’ ha sconvolto gli equilibri territoriali distruggendo risorse ambientali; ha impoverito, soprattutto con flussi emigratori, il tessuto produttivo di risorse umane e di microeconomie locali.”