Abstract:
In letteratura gli studiosi hanno sempre cercato di descrivere, con le proprie teorie, situazioni e scelte di investimento quanto più fedeli alla realtà in termini di costi, rischi e rendimenti attesi. In questo senso si è sempre cercato di immedesimarsi in un investitore retail, con una disponibilità economica verosimile per un risparmiatore medio con l’obiettivo di massimizzare l’utilità attesa, il rendimento o minimizzare il rischio nel caso di investitori avversi ad esso. I modelli classici, però, oltre ad avere ipotesi semplificatrici al loro interno, non tengono conto dei limiti psicometrici degli individui. Considerando le tematiche della finanza comportamentale e della mancanza di alfabetizzazione finanziaria si vuole capire come la figura del consulente finanziario possa incidere a favore degli investitori presentandosi come un ponte tra emotività e razionalità nelle strategie di pianificazione patrimoniale. Nel particolare le domande che ci si pone sono: come cambia l’approccio dell’investitore al rischio di mercato? Il rapporto con il consulente quali costi comporta? Le strategie di investimento sono soggette ad azioni dettate dall’emotività? Vi sono strumenti innovativi nella selezione degli asset per la gestione di portafoglio? E questi, portano a risultati empiricamente diversi dai modelli classici in letteratura? Si tenterà rispondere a questi quesiti, iniziando a dare uno sguardo macroeconomico sulla consulenza e il rapporto che si ha tra il professionista e il cliente che dà in gestione il proprio capitale.