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La crescita della popolazione mondiale sta portando ad aumento della domanda e del consumo di risorse naturali, suscitando crescenti preoccupazioni per gli aspetti ambientali. Sta diventando quindi necessario trovare delle materie prime alternative che possano sia soddisfare le esigenze del mercato sia rispettare le esigenze dell’ambiente. Nonostante in Europa sia ancora un settore in via di sviluppo, la coltivazione di macroalghe su larga scala rappresenta una concreta alternativa per la produzione di diversi prodotti come cibo o energia. Diversi studi hanno evidenziato come questa filiera contribuisca alla mitigazione locale dell'eutrofizzazione e al contempo produca biomassa molto versatile a basse emissioni di carbonio. Di conseguenza, sta aumentando la necessità di analizzare la sostenibilità di questa filiera per garantire la sua continua ottimizzazione ed efficienza.
Inserendosi in questo contesto, la tesi rappresenta uno studio della valutazione della sostenibilità della produzione di macroalghe dell’azienda norvegese PurSea. La sostenibilità ambientale della filiera viene valutata attraverso lo strumento del Life Cycle Assessment (LCA), modellando il sistema di produzione su un ciclo di vita cradle-to-gate e calcolando gli impatti con il metodo ReCiPe (al midpoint ed endpoint) e CML-IA baseline. Il metodo CML-IA è utilizzato per ottenere risultati comparabili con la letteratura per le seguenti categorie di impatto: impoverimento abiotico (AD), riscaldamento globale (GWP100), impoverimento dello strato di ozono (OLD), tossicità umana (HT), ecotossicità dell’acqua dolce (FWET), ecotossicità marina (MET), ecotossicità terrestre (TET), ossidazione fotochimica (OP), acidificazione (AC) ed eutrofizzazione (EU). Il metodo ReCiPe è stato utilizzato per ottenere risultati più approfonditi, fornendo informazioni con un potenziale valore decisionale per migliorare le prestazioni ambientali dell'azienda. Oltre alle categorie presenti nel metodo CML-IA, ReCiPe calcola anche il consumo di acqua, la scarsità di risorse minerali, la scarsità di risorse fossili, la formazione di polveri sottili e l'uso del suolo.
I calcoli dell’impatto mostrano che la coltivazione e la lavorazione (sbiancamento, essiccazione e congelamento) contribuiscono maggiormente all'impatto ambientale per tutte le categorie di impatto, principalmente a causa della scelta dei materiali per le strutture e per i macchinari utilizzati. La gestione dei rifiuti ha impatti inferiori, tranne che per alcuni hotspot in alcune categorie di impatto ed infine, l'incubazione ha il valore di impatto più piccolo.
I risultati suggeriscono la possibilità di ottimizzare le prestazioni ambientali utilizzando sistemi di lavorazione alternativi, materiali più rispettosi dell'ambiente e, ove possibile, una maggiore attenzione alla filiera dei rifiuti.
Inoltre, il confronto con la letteratura mostra alcune discrepanze tra i risultati di altre ricerche, attribuibili ad alcune differenze nelle fasi di produzione, nella scelta dei metodi in Ecoinvent e degli input analizzati. Infine, l'impatto dell'allevamento di macroalghe è paragonabile a quello della piscicoltura, ma è superiore a quello della molluschicoltura. |
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