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La pandemia da Covid-19 ha colpito duramente il tessuto socio-economico dell’Italia più di altri Paesi europei. Il nostro Paese, inoltre, è stato, in ordine cronologico, il primo ad essere colpito dalla crisi sanitaria e, di conseguenza, il più penalizzato. Ad oggi, i decessi totali legati ad esso superano i 170.000, rendendo ufficialmente l’Italia il Paese con la maggior perdita di vite nell’UE. L’elevata mortalità è stata, almeno in parte, anche dovuta alla peculiare composizione demografica dell’Italia. Secondo il censimento ISTAT del dicembre 2020, l’età media italiana si è innalzata rispetto al 2011 (da 43 a 45 anni) e, con essa, anche il numero di anziani per bambino, passato da meno di 1 nel 1951 a 5 nel 2019. L’indice di vecchiaia (rapporto tra la popolazione sopra i 65 anni e sotto i 15) è notevolmente aumentato, dal 33,5% del 1951 a quasi il 180% del 2019. Per rispondere alle vere e proprie sfide che la pandemia ha innescato a livello economico, sociale e sanitario ma non solo, l’Unione Europea ha lanciato il Next Generation EU (NGEU) un programma estremamente ambizioso, che prevede investimenti e riforme. Da qui nasce il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), una misura emergenziale suddivisa in sei Missioni (digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo (M1); rivoluzione verde e transizione ecologica (M2); infrastrutture per una mobilità sostenibile (M3); istruzione e ricerca (M4); inclusione e coesione (M5); salute (M6)), che però mira a produrre cambiamenti strutturali e non limitati nel tempo. Queste sei missioni a loro volta si articolano in 16 componenti. La pandemia non ha fatto che mettere in luce situazioni già esistenti, evidenziandone una maggior urgenza. Una di queste è la necessità di prendersi cura della salute psicofisica delle persone anziane, le più vulnerabili, anche, e soprattutto, rispetto alle conseguenze della solitudine e dell’esclusione sociale. Ci sono 14 milioni di ultra 65enni in Italia, secondo Paese più vecchio al mondo. Questi costituiscono una popolazione molto eterogenea e, soprattutto, l’età anziana non è un’età puntiforme ma è un vero e proprio periodo della vita. Un 65enne ha un’attesa di vita di 22 anni se donna e 19 se uomo. Si tratta di una condizione che va analizzata in profondità e per singole categorie. Secondo le stime, inoltre, gli anziani non autosufficienti raddoppieranno fino a 5 milioni entro il 2030. Questi dati ci fanno comprendere come si tratti di una grossa fetta di popolazione, di fronte alla quale l’evoluzione del welfare ha bisogno di una forte spinta di accelerazione, in ottica di collaborazione con i care giver familiari e i servizi di assistenza sanitaria. Partendo da un'esperienza di tirocinio negli Ambiti territoriali sociali di Portogruaro e Conegliano, questo elaborato proverà a trarre delle riflessioni sul tipo di ruolo avuto dagli Ambiti Territoriali Sociali come strumento di coordinamento nell’attuazione delle progettualità specificatamente legate alla linea di investimento 1.1. della Missione 5 Componente 2 del PNRR. L'analisi partirà con una breve introduzione alla recente evoluzione del welfare e il conseguente inserimento del PNRR e delle missioni riguardanti la sfera sociale degli anziani all'interno di questo scenario (capitolo 1) citando le fonti da cui prendono spunto i sub-investimenti (legge 30 dicembre 2021 e schede LEPS), continuando col passaggio dal progetto all'azione entrando nel vivo delle progettualità (Piano Operativo e Avviso 1/2022) legate alle linee di investimento e in particolare alla 1.1. (Capitolo 2). Infine verranno presi in esame gli ATS e la loro "storia", costruendo riflessioni sul loro ruolo, cucite attorno alla mia recente e concreta esperienza veneta negli ATS di Portogruaro e Conegliano (Capitolo 3). |
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