Abstract:
Pantelleria è di terra. Questa è la rappresentazione che gli isolani hanno di sé: una società china sul terreno vulcanico per produrre sopratutto capperi e uva.
Il processo di antropizzazione del mare, inevitabilmente avviato dagli abitanti, viene invece trascurato sia in letteratura che nei discorsi identitari. In particolare sono praticamente assenti studi sull’attività di pesca.
Il fatto che oggigiorno i pescatori professionisti si contino su due mani e pratichino solo la pesca artigianale non giustifica la negazione del loro contributo, se non della loro presenza, alla società isolana; al contrario per scongiurare un’ulteriore perdita di etnodiversità è opportuno delineare i fattori di plurima natura, sia locali che globali, generanti la loro disarticolazione sociale. Durante il secolo scorso infatti la pesca era un’attività di sussistenza diffusa, atta a integrare l’economia locale di scambi e favori, e proficua grazie alla disponibilità di stock ittici e alla mancanza di normative vincolanti e onerose.
Se già il mestiere del pescatore è segnato dall’incertezza, a Pantelleria risulta attualmente particolarmente rischioso. Piuttosto però che smettere i pescatori accettano di vivere in una condizione di pronunciata vulnerabilità sociale, perché il mare è tutto ciò di cui hanno bisogno per sentirsi vivi.
Mi auguro che questo lavoro susciti interesse verso la cultura del mare isolana e incentivi progetti di tutela sociale e ambientale capaci di valorizzare i saperi locali.