Abstract:
Arthur C. Danto è una delle figure più autorevoli e discusse nel panorama della filosofia dell'arte contemporanea poiché ha elaborato una teoria che vuole individuare le caratteristiche necessarie a qualche cosa perché essa sia considerata oggi un'opera d'arte. La sua teoria non solo ha animato un lungo e fecondo dibattito, ma ha anche causato dei fraintendimenti che hanno portato autori come George Dickie a elaborare nuove teorie in stretta connessione con la sua. Nella prima parte di questa tesi ricostruirò la filosofia dell'arte di Danto a partire dal saggio "The Artworld" del 1964 fino ad arrivare alla sua opera più sistematica del 1981, "La Trasfigurazione del banale", tenendo conto anche conto della produzione filosofica precedente al saggio del 1964. Insieme alla teoria di Danto ricostruirò anche uno dei suoi più importanti fraintendimenti, costituito dalla "Teoria istituzionale dell'arte" di Dickie, mostrando infine la sua relazione con la teoria dalla quale deriva. In seguito rivolgerò l'attenzione ai rapporti tra la filosofia dell'arte di Danto e quella di Hegel, dalla quale il primo trae la tesi fondamentale della fine dell'arte, e tenterò di far emergere la complessità del problema filosofico di fondo. Infine mi occuperò di alcuni modi in cui è possibile criticare la filosofia di Danto grazie, da un lato, al contributo fondamentale di J. Margolis e, dall'altro lato, ad alcune intuizioni che derivano dalla teoria istituzionale.