Abstract:
Fin dal suo debutto sulla scena letteraria giapponese, Levy Hideo ha richiamato attenzione per la scelta di adottare il giapponese - una lingua non materna - come propria lingua letteraria. Su tale aspetto si è concentrata anche la letteratura critica, che ha inquadrato Levy all’interno di categorie quali ekkyō bungaku o nihongo bungaku, e ha osservato come l'autore contribuisca a mettere in discussione il mito dell’omogeneità linguistica e culturale giapponese. Questo elaborato muove da tali considerazioni per chiedersi quale prospettiva Levy offra sui temi di uso e “possesso” della lingua straniera, e quale rilevanza tale prospettiva possa avere in ottica sociolinguistica e glottodidattica. Che immagine trasmette nella sua produzione dell’ownership della lingua giapponese, e quale impatto può avere sul lettore? Che potenzialità offre in termini di applicazioni in contesti di apprendimento del giapponese come lingua straniera? Per rispondere a queste domande, l’elaborato prende in esame la produzione dell’autore per indagare se e in che misura le tematiche, i contenuti, la lingua e le forme scelte vadano a delineare una precisa visione della lingua e del suo uso all’interno della società giapponese, e come l’opera di Levy si posizioni rispetto alle complesse tematiche del rapporto fra lingua, cultura e identità, del mito del madrelingua, del possesso, della correttezza e della legittimità d’uso anche creativo della lingua straniera.