Abstract:
Il Porrajmos, ovvero la persecuzione del popolo romanes perpetrato dai nazifascisti, in Italia è stato a lungo un fenomeno trascurato e poco studiato. Soltanto negli anni ’80, merito soprattutto delle ricerche a mano delle studiose Giovanna Boursier e Mirella Karpati, venne alla luce l’internamento delle comunità romanes nei campi di concentramento italiani e la repressione che subirono da più fronti. La tesi, pertanto, percorre accuratamente la storia degli “zingari” durante il ventennio fascista e di come il belpaese fu partecipe del genocidio di oltre mezzo milione di rom in un crescendo di violenza. La persecuzione in territorio italiano si delineò principalmente in quattro fasi, analizzati nei quattro capitoli dello studio in questione. Dall’avvento del fascismo fino al ’38 i rom stranieri vennero continuamente respinti e costretti alla mobilità coatta poiché allontanati forzatamente in nome della loro presunta pericolosità sociale razziale. Negli anni ’30 la politica antizingara si radicalizzò, soprattutto con l’avvicinarsi del secondo conflitto mondiale, tanto da ordinare nel 1938 la pulizia etnica nei riguardi delle famiglie romanes in Istria e il loro confino in Sardegna. La terza fase (1940-1943) vide l’arresto e il successivo internamento di tutti i rom e la nascita di appositi campi di concentramento fascisti riservati unicamente a loro. L’armistizio - 8 settembre 1943 - innescò la caduta del sistema concentrazionario italiano e della Repubblica di Salò che proseguì nell'incarcerazione dei rom e la loro deportazione nei lager nazisti. Nel contempo i gitani parteciparono attivamente alla liberazione del paese, anche questa pagina della storia italiana è stata a lungo obliata. Inoltre, il Porrajmos è stato inserito nel contesto più ampio della Seconda guerra mondiale e vagliato in correlazione al contemporaneo sterminio nazista nel Reich.