Abstract:
Nel discutere l’efficacia dell’azione esterna dell’Unione Europea (UE), le argomentazioni accademiche come quelle istituzionali tendono a concentrarsi sulla sua capacità di agire come forza unita. A tal proposito, identificano come fondamentale prerequisito il raggiungimento di una forte unità interna, definita come il più alto grado di coerenza ottenibile sia tra gli interessi degli stati membri che tra gli obiettivi di questi ultimi e quelli delle istituzioni europee. Infatti, fu proprio questo principio che venne posto alla base dello sviluppo di una politica estera comune, la quale sin dalla sua nascita nel 1999, con il Trattato di Maastricht, si è progressivamente evoluta al fine di potenziare le capacità coordinative e di rappresentanza dell’Unione. Ciò nonostante, il desiderio nazionale di vedere il più possibile protetta la propria capacità decisionale ha condizionato questo processo di integrazione esterna, destinandolo ad essere prevalentemente soggetto al modello intergovernativo, e con esso al principio di unanimità. Di conseguenza, il flebile potere internazionale spesso attribuito all’UE viene solitamente ricondotto alla sua incapacità di “parlare con una sola voce”, ulteriormente aggravato da un processo decisionale eccessivamente complesso e limitante. Tuttavia, tale considerazione può risultare piuttosto semplicistica se giudicata in relazione alla natura stessa dell’Unione, una comunità politica composta da stati eterogenei e sovrani, il che rende intrinseca e dunque prevedibile la prospettiva di divergenze politiche. Proprio per questo, la cooperazione intergovernativa si traspone talvolta in veste informale - ovvero esternamente ai procedimenti dell’Unione -, permettendo a un gruppo di stati membri ed altri attori, tra cui spesso la Commissione Europea, di collaborare per il perseguimento di interessi comuni, superando al contempo i vincoli posti dal processo decisionale europeo. Riconoscendo questa realtà, la Tesi si propone di discutere l’esistenza di un singolo e diretto nesso tra l’unità e l’efficienza dell’Unione in politica estera, contribuendo ad esplorare il potenziale di efficacia dei meccanismi di cooperazione informale, dunque la loro possibilità di costituire processi positivi per il rafforzamento dell'influenza esterna dell'Unione. In questo processo, analizzando in particolare il contesto della mediazione per la gestione dei conflitti, che registra un'elevata presenza di tali pratiche informali, la ricerca si avvale dell'analisi empirica per individuare un insieme di variabili che rappresentino plausibili, e dunque ulteriormente testabili criteri per la valutazione di tale efficacia.