Abstract:
Il 13 Dey 1398, (03 gennaio 2020), l’uccisione di Qāsem Soleymāni ha sconvolto le fila dell’establishment della Repubblica Islamica d’Iran. Le modalità della morte, avvenuta in seguito all’attacco di un drone statunitense, di un personaggio di tanto spicco, Soleymāni era infatti generale dell’esercito, nonché figura fra le favorite alla carica di rahbar, hanno fatto sì che questo avvenimento venisse caricato di significati ulteriori. Dalle numerose agiografie divulgate su diversi mezzi dopo la sua scomparsa, emerge come la narrazione della vita e della morte di Soleymāni sia in qualche modo sovrapponibile e confrontabile con quella dei martiri della tradizione sciita, primo fra tutti Ḥoseyn. I quattro capitoli di questa tesi ripercorrono il fil rouge che collega Ḥoseyn a Soleymāni, ultimo martire sciita: il primo capitolo mette in luce i fondamenti culturali che hanno fatto del martirio una tradizione sia popolare che ufficiale, considerandone l'evoluzione fino all'epoca Pahlavi; si proseguirà con un’analisi sulla fase post-rivoluzionaria e bellica in cui il martirio diventa istituzione e fondamento del potere del regime; il terzo capitolo, poi, esamina il mantenimento della memoria dei martiri nello spazio urbano pubblico nei primi anni del nuovo millennio; infine il quarto ed ultimo capitolo traccerà un ritratto di Soleymāni, di come l’uccisione di questo nuovo Ḥoseyn sia stata, in qualche modo, necessaria per dare nuova linfa alla memoria e al culto dei martiri.