Abstract:
Il Tribunale militare internazionale per lʼEstremo Oriente, o più comunemente noto come il Processo di Tōkyō, fu il corrispettivo del Processo di Norimberga nel continente asiatico. Venne istituito nel 1946 nella capitale nipponica allo scopo di perseguire coloro i quali vennero accusati di aver commesso atrocità durante la cosiddetta 十五年戦争 “Jūgonen sensō”, Guerra dei Quindici anni, un periodo di tempo che ebbe inizio con lʼincidente di Mukden del settembre 1931 e si concluse con la fine della Seconda Guerra Mondiale. Obiettivo di questa ricerca è non solo quello di descrivere lʼintroduzione di tre nuove tipologie di crimini ‒ crimini contro la pace, crimini di guerra e crimini contro lʼumanità ‒ per cui furono processati gli imputati, ma anche di investigare sulle eccezioni che furono fatte. In particolare, si parlerà del dottor Ishii Shirō e dellʼunità militare di ricerca di cui questʼultimo era a capo, lʼUnità 731.
LʼUnità 731 fu unʼunità dellʼesercito imperiale giapponese attiva tra il 1936 e il 1945, negli anni della Seconda Guerra Sino-giapponese, le cui sedi erano dislocate tra la Cina e il Sud- est asiatico. Il fine primario del gruppo di ricerca dellʼUnità era quello di produrre, sperimentare e conservare armi biologiche. Per portare a termine tale obiettivo, si fece abitualmente ricorso alla sperimentazione sugli esseri umani, in particolare su prigionieri di guerra e cittadini di etnia cinese.
Nonostante la possibilità di incriminare i responsabili di tali atrocità, nessuno dei ricercatori o dei membri del direttivo venne processato dal Tribunale per i crimini di guerra di Tōkyō. Chi e cosa garantì al generale Ishii e ad alcuni dei suoi collaboratori lʼimmunità per i crimini commessi dalla loro unità?
Cosa accadde, invece, durante il Processo di Khabarovsk?
Con queste premesse, a proposito del Processo di Tōkyō, si può dunque parlare di “giustizia del vincitore”?