dc.contributor.advisor |
Cortesi, Agostino |
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dc.contributor.author |
Favaron, Michele <1988> |
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dc.date.accessioned |
2012-10-07 |
it_IT |
dc.date.accessioned |
2012-12-11T13:32:43Z |
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dc.date.available |
2012-12-11T13:32:43Z |
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dc.date.issued |
2012-10-16 |
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dc.identifier.uri |
http://hdl.handle.net/10579/2106 |
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dc.description.abstract |
A partire dagli anni ’80 assieme alla diffusione delle grandi aziende e l’avvento delle multinazionali si è vista la creazione di una nuova dipendenza tra business e tecnologia. Ciò ha scaturito una proliferazione di nuovi ed eterogenei servizi che hanno rivoluzionato l’intero sistema di gestione e coordinamento del flusso di lavoro.
Queste nuove tecnologie, seppur abbiano avuto la capacità di snellire e migliorare il lavoro di tutti i giorni, han costretto il personale ad acquisire le conoscenze per poterle utilizzare (il service management) e gli strumenti per trattare più velocemente i problemi che da esse derivavano (l’IT Help desk).
Allo stesso tempo, il governo Inglese, alimentato dalla necessità di trovare una maggior efficienza, iniziò a documentare come le migliori organizzazioni approcciavano il service management. Tra la fine degli anni ’80 e i primi ’90, erano stati così prodotti una serie di libri che furono intitolati IT Infrastructure Library – ITIL.
Se nel Regno Unito l’ITIL è cresciuto rapidamente e si è affermato come Best Practice in grado di rilasciare certificazioni, in Italia non sono ancora state intraprese iniziative regolatorie al riguardo; tuttavia è diventato lo “standard de facto”: molte aziende per necessità o come azione preventiva si stanno adattando a queste procedure e di conseguenza l’ITIL è diventato il riferimento per i loro fornitori di software help desk ed IT Management.
Così, alcuni di questi fornitori hanno posto nella sua persecuzione un’opportunità di successo, mentre altri ne han fatto il loro cavallo di battaglia; tuttavia non essendoci uno standard ufficiale e una obbligatorietà (e certificazione) di adesione in Italia, non vi è garanzia che l’implementazione effettuata sia fedele alle pratiche originarie e che sia estesa a tutte le sue componenti (le Best Practice coprono l’intero ciclo di vita del servizio, dalla sua ideazione alla realizzazione al miglioramento).
Obiettivo della mia tesi è scoprire come l’ITIL si inserisce nel contesto italiano, come individuare un adeguato sistema di IT Management che lo supporti ed entrare nel dettaglio di uno di essi, SysAid, data la possibilità che mi è stata concessa di documentarne il suo funzionamento pratico presso l’azienda Acciaierie Venete spa.
L’intento finale è di creare una sorta di guida per l’azienda che possiede la volontà di aderire agli standard sopracitati, dandole la possibilità di approfondire sia gli aspetti teorici, sia le implicazioni pratiche del fenomeno. |
it_IT |
dc.language.iso |
it |
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dc.publisher |
Università Ca' Foscari Venezia |
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dc.rights |
© Michele Favaron, 2012 |
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dc.title |
Il Framework ITIL: una guida all'orientamento nel contesto italiano |
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dc.title.alternative |
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dc.type |
Master's Degree Thesis |
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dc.degree.name |
Economia e gestione delle aziende |
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dc.degree.level |
Laurea magistrale |
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dc.degree.grantor |
Dipartimento di Management |
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dc.description.academicyear |
2011/2012, sessione autunnale |
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dc.rights.accessrights |
openAccess |
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dc.thesis.matricno |
816791 |
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dc.subject.miur |
SECS-P/07 ECONOMIA AZIENDALE |
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dc.description.note |
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dc.degree.discipline |
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dc.contributor.co-advisor |
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dc.date.embargoend |
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dc.provenance.upload |
Michele Favaron (816791@stud.unive.it), 2012-10-07 |
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dc.provenance.plagiarycheck |
Agostino Cortesi (cortesi@unive.it), 2012-10-15 |
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