Abstract:
L’eugenetica è una scienza sviluppatasi nel 1883, ad opera di Francis Galton. Credeva fermamente nella possibilità di influenzare e quindi migliorare la razza umana attraverso il matrimonio e la riproduzione tra persone con qualità eccelse che sarebbero poi dovute essere trasmesse alla prole. In molti Paesi del mondo si è deciso di operare attivamente sulla popolazione seguendo le norme “dottrinali” dell’eugenetica. Il Giappone invece è stato uno dei pochi Paesi ad aver messo nero su bianco questa temporanea esigenza sociale. Nel 1940, quindi, ha fatto la sua comparsa la Legge nazionale eugenetica, che prevedeva l’applicazione volontaria alla sterilizzazione in caso di disabilità o di parenti entro il quarto grado che avessero un qualche tipo di handicap. Nel 1948, con la Legge di protezione dell’eugenetica, il criterio di volontarietà è venuto meno, arrivando quindi a una sterilizzazione coatta nei confronti delle persone con disabilità fisiche e mentali. La legge è stata infine cambiata nel 1996 col nome di Legge di protezione della salute della madre. Venendo incontro alle esigenze della comunità dei disabili e delle donne, è stata eliminata la sterilizzazione e aggiunta la clausola “ragioni economiche” per l’aborto. Tuttavia le stesse vittime, che sono state sottoposte a questa operazione eugenetica, hanno richiesto delle scuse dallo Stato e un proficuo risarcimento. Questo non è tardato ad arrivare con l’entrata in vigore della Legge del risarcimento del 2019. Alcune vittime, però, ritengono che la quota di 3.2 milioni di yen non sia adeguata al dolore provato in tuti questi anni e ancora oggi continuano le loro battaglie legali. Attraverso le testimonianze di queste persone ci si rende conto di come lo Stato abbia violato i loro diritti fondamentali e di come si comprenda il perché di questa loro tenacia. Ciononostante oggi in Giappone, sarebbe possibile affermare che l’idea dell’eugenetica sia realmente scomparsa? L’aborto selettivo potrebbe definirsi come una manifestazione di essa o, in realtà, è più il frutto di una stigmatizzazione della società nei confronti dei disabili?