Abstract:
La mobilità ha un ruolo centrale nella società e rappresenta un aspetto fondamentale per lo sviluppo socio-economico. Essa influenza da un lato il commercio internazionale, la crescita economica di un paese e la dislocazione delle attività economiche sul territorio, determinandone l’accessibilità e migliorando la qualità della vita dei cittadini; d’altro canto può risultare decisiva per il successo delle politiche ambientali e sociali, per la riduzione delle emissioni inquinanti, per la qualità dell’aria, nonché per le politiche di coesione sociale, sviluppo urbano e sicurezza. Le persone si spostano per andare al lavoro, a scuola piuttosto che per piacere e nel corso dei decenni si è modificato il concetto di mobilità, principalmente grazie allo sviluppo tecnologico e all’innovazione. Oggi si parla di MaaS (Mobility as a Service), un recente argomento il quale descrive un nuovo modo di spostarsi che, al concetto di proprietà personale del mezzo, sostituisce il concetto di mobilità condivisa intesa come servizio di cui usufruire a seconda delle necessità. I principali problemi che comportano danno sia per l’ambiente che per la salute dei cittadini sono la congestione del traffico e l’inquinamento acustico e dell’aria. Il sovraffollamento delle città quindi comporta l’obbligo da parte delle istituzioni di agire per disincentivare l’utilizzo dell’auto privata e piuttosto favorire gli spostamenti attraverso la sharing mobility o l’utilizzo dei mezzi pubblici. Parlando quindi di mobilità sostenibile, MaaS sicuramente offre moltissimi vantaggi per il singolo cittadino, per la società e per l’ambiente. Nate da pochi anni sono le cosiddette “mobility platforms”, create in parte da start up private (come Uber o BlaBlaCar) in parte da organizzazioni pubbliche (ossia dagli operatori del trasporto pubblico locale) che, derivanti dal concetto di Mobility as a Service, servono a gestire lo spostamento efficiente degli individui con l’obiettivo di far diminuire sempre più le auto private sulle strade e creare una rete intermodale di trasporti pubblici. Dal lato delle start up private sono state sviluppate piattaforme digitali (dette open mobility platforms) per incoraggiare la condivisione delle auto, il noleggio delle stesse o dei mezzi di micromobilità come monopattini o biciclette; dal lato delle istituzioni pubbliche sono stati studiati dei progetti “territorializzati” per convertire o acquistare mezzi pubblici verso alimentazioni alternative, come il metano e il GPL, o addirittura veicoli elettrici, ibridi o ad idrogeno. Un’analisi sulle strategie organizzative adottate dalle principali capitali europee, aiuterà a capire la velocità di sviluppo con la quale i governi si approcciano alla mobilità sostenibile e le difficoltà che incontrano, sia economiche che geografiche che demografiche. L’azienda veneziana di mobilità AVM è oggetto di studio di questa tesi come la territorialized mobility platform italiana; essa riesce ad essere d’esempio sia nello sviluppo sia nell’attuazione dei propri progetti di mobilità sostenibile e a tenere il passo con i progetti europei analizzati. In Italia, o almeno nel nord Italia, i capoluoghi più industrializzati dimostrano di avere conoscenze e competenze tali da competere a livello europeo; nonostante le potenzialità e gli sforzi, le aziende di trasporto pubblico ricevono pochi incentivi statali o europei e, in questo modo, rallentano tutte le fasi progettuali di sviluppo e il percorso per arrivare a parlare davvero di mobilità sostenibile.