Abstract:
Il critico cinematografico francese Regis Bergeron una volta disse: “Ciò che più impressiona l'Occidente del cinema cinese è il suo realismo contemporaneo”, un realismo che si può facilmente riconoscere nelle produzioni dei cineasti cinesi della cosiddetta “sesta generazione” (post-1990). I loro film si concentrano principalmente su questioni controverse nella Cina contemporanea e condividono un senso della realtà concreto e senza filtri, per raccontare storie sulle difficolta della vita quotidiana. Questo stile è stato sviluppato ed esplorato in modo estremamente innovativo dal Neorealismo italiano di grandi nomi come Roberto Rossellini e Vittorio De Sica, un movimento cinematografico caratterizzato da storie incentrate sulla vita di persone comuni, spesso in condizioni economiche e sociali instabili, tra ingiustizia, povertà e oppressione. L’obbiettivo del Neorealismo era quello di creare una cultura cinematografica senza illusioni, che aiutasse gli spettatori a riflettere sulla loro situazione prima all’interno di un film e poi al di fuori di una sala cinematografica. Il desiderio di dare spunto ad una riflessione è comune sia ai registi italiani che a quelli cinesi, come la volontà di dare il proprio contributo allo sviluppo sociale nella propria nazione. Per quanto riguarda, invece, la produzione femminile nello specifico, le registe donne in Cina hanno ricevuto relativamente poca attenzione da parte dei ricercatori, nonostante i numerosi successi, e le fonti scritte tendono per lo più a generalizzare il cinema femminile o a concentrarsi solamente sul settore commerciale, tralasciando quello indipendente. Sebbene l’opinione comune sia forse quella di considerare i film diretti da registe donne una minoranza all’interno di un ambiente da sempre dominato dal sesso maschile, un grande successo al botteghino non è l’obbiettivo finale che queste donne si pongono. Con il termine “cinema femminile” si intende un’insieme di opere realizzate da registe donne, non nello specifico per un pubblico esclusivamente femminile, che esaminano temi come la manifestazione della coscienza femminile e la creazione di un’identità di genere personale. Per la mia ricerca, ho selezionato un gruppo di film diretti da registe di sesta generazione che appartengono al cinema del settore commerciale e di quello indipendente. Dal settore indipendente ho selezionato “Lost in Beijing” (2007), “Buddha Mountain” (2010) ed “Ever since we love” (2015) di Li Yu, mentre dal settore commerciale ho selezionato “Letter From an Unknown Woman” (2004) di Xu Jinglei e “Gone is the one who held me dearest in the world” (2002) di Ma Liwen. Per questo studio, ho deciso di adottare un approccio socio-semiotico per un'analisi visiva dei diversi elementi caratteristici di ogni pellicola, al fine di determinare se e come i suddetti film rendono manifesta la coscienza femminile e il desiderio di indipendenza di una donna. La semiotica sociale è incentrata sulla questione di come io, spettatore, vengo posizionato rispetto al film in questione, e di come percepisco certi comportamenti, certi dialoghi nonché valori sociali promossi in modo differente rispetto ad altri elementi, negando, di conseguenza, che ci sia un divario tra il soggetto di partenza e il pubblico stesso. Analizzare distintamente elementi e strategie tecnico-narrative adottate in un film permette di relazionare le scelte di un regista al campo socioculturale in cui opera e a cui si rivolge. In conclusione, lo scopo di questa mia ricerca è comprendere con quali modalità le registe che ho scelto riescano a dare espressione alla psicologia e alla comprensione del sé dei personaggi femminili nei loro film, analizzando particolarità e controversie della nuova topologia di “donna moderna” che caratterizza ognuno dei due settori.