Abstract:
La tesi seguente si impegna ad analizzare il tema della Filosofia della cura, attraverso un’applicazione di sostegno per i soggetti con disabilità.
La cura rientra nelle cose essenziali della vita di un uomo, perché per dare forma al nostro essere possibile dobbiamo aver cura di noi, degli altri e del mondo, come dice Lèvinas “Essere significa da principio preoccuparsi dell’essere” .
Il rapporto che abbiamo con gli altri è intimamente condizionato dalle azioni di cura che riceviamo e da quelle che mettiamo in atto.
La cura della persona non si limita a meri interventi tecnico-scentifici, ma nasconde una profonda necessità di conoscenza del sé.
Nella disabilità spesso ci si trova di fronte ad una consapevolezza oscurata, ma non per questo inconoscibile, difatti attraverso la pedagogia si può percorrere la strada che porta al conoscersi.
La filosofia interviene come supporto, sia per il disabile stesso, che per le persone che ne entrano in relazione, in quanto essa libera dalla tendenza di considerare patologica ogni forma di disagio.
La mancanza emerge solo in relazione a qualcosa, ma se si considera il fatto in sé non sussiste.
La conoscenza porta alla scoperta dei propri limiti, che possono essere reinterpretati diventando potenzialità, e dalle proprie abilità che attraverso un percorso formativo possono divenire competenze. L’individuo ricercandosi può far affiorare i suoi talenti, acquisendo maggiore sicurezza.
Avere coscienza del sé facilità la connessione con gli altri, in una relazione di interdipendenza positiva e stimolo reciproco. Solo attraverso questa può nascere l’empatia, che è un fattore necessario per un’inclusione organica come quella trattata da Brofenbrenner, dove tutte le sfere del sistema si modificano a misura del soggetto. L’ottica di integrazione sociale deve mutare dal concetto di accettazione ai concetti di accoglienza e comprensione.
La suddetta tesi avrà un’applicazione pratica attraverso un laboratorio in una cooperativa di disabili: “Il Girasole”, dove i ragazzi avranno modo di relazionarsi con sé stessi, e successivamente tra di loro attraverso stimoli riflessivi esterni.
La mia attenzione sarà focalizzata su ciò che hanno da dire i ragazzi, in quanto spesso ci si pone di fronte a una disabilità con l’idea di dover compensare ciò che notiamo mancare o essere più lento nell’altro. Questa condizione ostacola l’ascolto di persone con un mondo interiore ricco ed interessante, spesso sorprendente. Inoltre non diamo loro la possibilità di esprimersi mostrandoci la visione del mondo dal loro punto di vista, complesso e stimolante come quello di qualsiasi persona.
Successivamente farò loro delle domande per orientarli verso una riflessione e una maggiore consapevolezza del sé attraverso la conoscenza dei loro limiti e delle loro competenze, cercando di interpretare in chiave positiva i primi.
L’ultima parte del laboratorio consisterà nel dialogo tra loro, esponendosi nella relazione con gli altri.
Ritengo sia giusto che il laboratorio rispetti i tempi dei ragazzi e sia il più possibile naturale e spontaneo, premesso questo non sono posso sapere se i dati che reperirò saranno in grado di soddisfare i punti sopraelencati ma sicuramente mi aiuteranno a conoscere i ragazzi e mi arricchiranno come persona.