Abstract:
I report degli analisti finanziari sono da tempo oggetto di studio da parte di ricercatori e di attenzione da parte degli investitori individuali e istituzionali. Una delle domande a cui gli studi accademici hanno cercato di rispondere maggiormente riguarda il modo con cui gli analisti conducono le proprie stime e previsioni. In particolare, l’accuratezza delle loro stime sugli utili e sui prezzi obiettivo (target price) è uno dei temi centrali per cui, ancora oggi, si cerca di proporre nuove misure che siano il più precise possibile e che chiariscano se davvero gli analisti sono accurati nelle loro stime e quali siano le determinanti di tale accuratezza. Numerosi studi hanno infatti investigato i fattori determinanti l’accuratezza dell’analista quali la diversità tra le brokerage house e/o singoli broker, la composizione del team degli analisti, l’utilizzo di diversi metodi di valutazione e altri fattori quali la dimensione dell’azienda da valutare e il suo tasso di crescita. Inoltre, uno dei fattori rilevanti emersi riguarda la volatilità. Recenti analisi empiriche, condotte da T. Roger e P. Fontaine, hanno cercato di ribaltare l’idea che gli analisti presentino differenze nelle loro abilità di previsione dei prezzi azionari, dimostrando che l’accuratezza del target price dipende fortemente dalla volatilità. Il pensiero su cui si focalizza tale ipotesi è che gli analisti tendono ad emettere target price per un gruppo di titoli che solitamente rimane stabile nel tempo: alcuni effettuano previsioni per titoli caratterizzati da una bassa volatilità; mentre altri effettuano previsioni per titoli più volatili. Gli autori affermano che le previsioni degli uni e degli altri titoli presentano diversi livelli di accuratezza proprio per il fatto che la volatilità gioca un ruolo fondamentale nella stima. I risultati empirici sono stati resi possibili grazie alla complessa costruzione di una nuova misura, la TPFQ, (Target Price Forecast Quality), imperniata su tali concetti.
L’obiettivo del lavoro consiste nell’affrontare il tema dell’accuratezza sotto questo particolare aspetto, andando ad investigare se la variabile volatilità sia realmente uno dei motivi principali per cui l’analista è portato a formulare più o meno erroneamente un target price. Inoltre, si è deciso di porre la lente d’ingrandimento su una delle due componenti fondamentali della nuova misura, cioè la difficoltà di previsione, cercando di capire da quali fattori essa possa dipendere.
I dati sui quali si intende lavorare provengono da un database, costruito dai professori E. Cavezzali e U. Rigoni dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e contenente informazioni quantitative e qualitative di report di analisti europei, dal 2007 al 2013, e riguardanti 59 aziende quotate nell’EuroStoxx 50.