Abstract:
La presente tesi si propone di analizzare le riforme giapponesi relative alla giustizia minorile avvenute nei primi anni duemila, con attenzione specifica sull’efficacia deterrente o meno delle stesse. Di fronte all’aumento di crimini commessi da minorenni avvenuti negli anni ‘90, la riforma più radicale ha visto l’abbassamento dell’età imputabile dai sedici ai quattordici anni, suscitando forti critiche tra gli studiosi. Nella parte introduttiva viene presentato un confronto tra vecchio e nuovo testo normativo, affrontando in parallelo i sistemi di prevenzione del crimine minorile e i centri di correzione per i giovani criminali. Successivamente viene trattato il dibattito relativo alla sopraccitata riforma, affrontando in particolare la riduzione dell'età imputabile e il rafforzamento del sistema punitivo, seguito poi dall’analisi dei dati statistici sulla criminalità minorile. Infine, viene proposto un confronto con il panorama internazionale, analizzando particolarmente il sistema italiano che, al contrario di quello giapponese, predilige un approccio riabilitativo per quanto riguarda il crimine in generale, e quello minorile in particolare. Lo scopo dell’elaborato è di dimostrare che non esistono prove a dimostrazione che l’introduzione di una retorica punitiva abbia effettivamente contribuito alla riduzione della criminalità minorile negli ultimi anni. Viene dunque ipotizzato che tale riforma abbia avuto effetti di scarso rilievo, se non addirittura negativi sui giovani imputati, e che si otterrebbero migliori risultati applicando agli stessi un sistema teso alla reintegrazione.