Abstract:
L’accessibilità, fisica o virtuale, ai depositi dei musei d’arte potrebbe condurre alla democratizzazione del museo contemporaneo attraverso una maggiore inclusione sociale? Il tema dell’accessibilità ai depositi costituisce un argomento di dibattito ormai da tempo. Che il deposito non sia più soltanto un magazzino di opere di seconda scelta, ma che sia il cuore pulsante del museo, in cui si intersecano le attività di ricerca e di educazione, è un’opinione ormai comune. Per rendere dinamico al massimo questo luogo, molti musei hanno sperimentato il visible storage e l’open storage, allo scopo di mostrare la collezione non esposta, e rendere il pubblico ordinario partecipe di quello che succede dietro le quinte dei musei. Ma ancora più all’avanguardia sono le forme di off-site storage sorte negli ultimi anni: i musei-deposito e i depositi centralizzati. Con l’evoluzione della comunicazione museale, proprio l’idea che il pubblico non sia destinatario passivo, ma che sia anch’esso portatore di significati, ha portato a considerare le collezioni museali conservate come occasione di percorsi didattici innovativi. Dunque, in linea con questa considerazione, si intende proporre metodi interpretativi delle collezioni in deposito, con l’obiettivo di favorire il dialogo del museo con le diverse comunità che lo circondano. Infine, attraverso l’analisi di tre casi studio, rappresentati da importanti istituzioni veneziane, si cerca di approfondire gli eventuali progetti di valorizzazione dei depositi già realizzati o pensati per il futuro.