Abstract:
All’indomani della Grande guerra, dalla quale era pur uscita vittoriosa, l’Italia si trovò ad attraversare una stagione drammatica di conflittualità sociale, tensioni politiche e crescente instabilità istituzionale, al termine della quale salì al potere Mussolini. Nella crisi che sfibrò il sistema liberale fino all’instaurazione della dittatura, un ruolo di primo piano spettò all’affermazione della violenza come strumento di lotta politica. Questa ricerca prende in considerazione non soltanto le forme dello squadrismo dilagante fra il 1921 e il 1922, già dettagliatamente ricostruite da studi di carattere generale e locale, ma anche e soprattutto le dinamiche mediante le quali, negli anni precedenti, la violenza si era ricavata un proprio spazio sulla scena pubblica. Intersecando il piano degli eventi con quello delle retoriche che li accompagnarono, muoverò da alcuni significativi fermenti individuabili nell’anteguerra, passerò per le trasformazioni che in certi ambienti la mobilitazione bellica produsse nella disposizione verso la politica, metterò in luce i sentimenti di rivalsa e gli odi incrociati che segnarono i mesi e poi gli anni successivi all’armistizio: all’interno di queste coordinate, emergeranno i percorsi della violenza politica come tendenza di lungo corso, i caratteri e i significati che essa via via assunse, la capacità che essa rivelò di esprimere valori e creare consenso in determinati settori dell’opinione pubblica.