Abstract:
Mods, Skinhead, Paninari e Casual. Queste sono le quattro cosiddette sottoculture giovanili che ebbero la loro genesi nella metà del secolo scorso in Gran Bretagna e arrivarono in Italia alla fine degli anni settanta; tranne i Paninari che nacquero nella Milano degli anni ottanta denominata dai media dell’epoca “la Milano da bere”, al tempo del presidente del consiglio il socialista Bettino Craxi.
La ricerca mira a individuare e codificare l’abbigliamento utilizzato dai giovani di allora che seguivano queste sottoculture, che trovavano il loro “altrove” anche nella moda (a volte in vestiti costosi, a volte in vestiario di origine umile e operaia). Abiti che inizialmente reperivano nei mercati e successivamente in negozi specializzati nel momento in cui la singola sottocultura era codificata e diffusa, tanto da diventare un affare per molti commercianti. In taluni casi nacquero anche dei marchi di pubblico consumo.
Nella ricerca sono state intervistate persone che facevano parte delle citate sottoculture negli anni settanta e ottanta del ‘900: e alcuni di loro ancora oggi a quasi 60 anni di età, si rifanno e si definiscono appartenenti ad una determinata corrente.
Nove le interviste: e tutti gli intervistati dai quarant’anni di età in su, con un filo di nostalgia per i tempi passati (in gioventù), hanno raccontato il loro approccio a quei mondi, a quelle mode, a quelle sottoculture.
Si tratta comunque di testimonial significativi, particolarmente introdotti in quelle sottoculture.
A loro sono state poste delle domande specifiche a volte anche apparentemente banali (perché quel marchio? Con quale finalità? vi sentivate importanti?), ma sempre profonde.
La ricerca si divide in quattro capitoli: la storia dei Mods, degli Skinheads e dei Casual e poi dei Paninari.
Tra l’altro un aspetto trasversale è il seguente: nel Belpaese quasi tutte queste sottoculture ebbero a che fare col movimento ultras delle tifoserie calcistiche.
Da sottolineare che ho tralasciato (ma le ho citate) per ragioni di spazio alcune sottoculture meno diffuse in Italia, meno ricercate nell’abbigliamento, come Punk, Gabber, Rockers o PsycoBilly.
L’ultimo capitolo è tutto dedicato alla storia dei “marchi” d’abbigliamento che ebbero i loro successi commerciali nel mondo dei giovani di quelle due decadi. Si parla di storia delle singole marche e del loro successivo apparire dei marchi nei film: un successo che andava di pari passo con le stesse sottoculture.
Alla fine vi è un glossario con tutti i nomi ed i termini, anche particolarmente ricercati, usati dagli intervistati ed infine un’appendice fotografica con immagini (soprattutto foto) recuperate in “fanzine”, cataloghi, biblioteche e collezioni personali e album dei ricordi degli intervistati.