Abstract:
La pazzia e il genere sono due fenomeni che corrono paralleli nella letteratura. La raffigurazione di donne pazze, che invece di sopravvivere dovrebbero essere inserite nei manicomi più riprovevoli solo per il loro genere è la chiave principale per leggere i romanzi dell'Ottocento e del Novecento.
Lo scopo di questo studio è quello di analizzare il profondo rapporto tra follia e genere, il cui focus sarà principalmente sulla figura di Bertha Antoinetta Mason, la “madwoman in the attic” di "Jane Eyre" di Charlotte Brontë. In questo testo Bertha viene descritta come un animale: la donna non parla, ma ride, urla e morde. Il testo principale utilizzato è il manifesto della critica letteraria femminista di Sandra Gilbert e Susan Gubar, scritto nel 1979, "The Madwoman in the Attic".
Un secolo dopo, Jean Rhys ha riportato in vita Bertha Antoinetta Mason nel suo romanzo "Wide Sargasso Sea", donandole una storia, dall'infanzia al suo confinamento a Thornfield Hall, fornendole una voce e un corpo. Dal suo punto di vista, Bertha non era affatto pazza, ma la sua condizione era il prodotto di tutto ciò che ha sofferto fin dall'infanzia. In questa valutazione, i concetti di razza e colonialismo assumono un ruolo fondamentale.
Dopo un primo capitolo che sarà incentrato sul rapporto tra follia e genere nell'Inghilterra Vittoriana, con riferimenti al trattamento delle donne nei manicomi americani e austriaci, il documento entrerà più in dettaglio nei capitoli seguenti, in cui il personaggio sarà essere letto e criticato tenendo conto dei romanzi di Jane Eyre e Wide Sargasso Sea.